(di Mauretta Capuano)
E' stata la pandemia a far
scoprire a Milo Manara "le illimitate potenzialità dei social".
A raccontarlo è il grande fumettista, a Pordenonelegge il 19
settembre, nel giorno di chiusura del Festival con la sua
autobiografia 'A figura intera' (Feltrinelli Comics).
"Prima della pandemia non li guardavo proprio i social. Poi,
quando è arrivato questo alieno, in molti casi mortale, non
sono riuscito a trovare la concentrazione e la serenità per
continuare un lavoro normale. Ho trovato la salvezza nei social,
indirizzando dei pensieri disegnati a tutte quelle categorie
professionali che, nonostante i rischi e le poche protezioni,
hanno continuato a restare al loro posto di lavoro per
permetterci di continuare ad avere una vita più o meno normale,
anche se confinata in casa" spiega Manara facendo riferimento a
medici, infermieri, cassiere dei supermercati. "E' stato del
tutto spontaneo, un rimettersi in contatto con la professione
che era sospesa, indirizzare a loro questi ringraziamenti
disegnati. E proprio attraverso i social ho visto che c'erano
varie persone, sempre di più, che approfittavano di queste
immaginette per accodarsi a questo ringraziamento. Tutto questo
è dilagato un po' nel mondo con mia enorme sorpresa tanto che il
primo a farmi un'intervista è stato The Washington Post che mi
ha dedicato un paginone sull'edizione cartacea" racconta.
"Ci sono molti autori che hanno avuto successo cominciando con
il blog. Zerocalcare è proprio il classico esempio di un blogger
che, visto il seguito che aveva sui social, ha potuto trovare
l'editore. Vedo l'importanza che hanno i social e ne sono
felicissimo perchè una delle grandi mancanze dei nostri tempi è
il venir meno delle riviste a fumetti. I social hanno riaperte
le porte. Per fortuna ci sono e credo abbiano soprattutto questo
ruolo" dice Manara che ha continuato a postare immagini, come è
accaduto in occasione dell'anniversario del G8 di Genova "che
secondo me è stata una vera catastrofe etica" dice. "Ho postato
un'immagine che ha suscitato polemiche e lo ho fatto anche per
gli incendi in Sardegna. Quando c'è un avvenimento che mi scuote
particolarmente faccio apposta un'immagine e la posto. E' un
momento aggregante per altri e mi sembra anche il recupero di un
ruolo pubblico. Un disegnatore che non deve essere un apolide,
ma avere un suo ruolo sociale" dice Manara.
In 'A figura intera' racconta la storia straordinaria di un
fumettista che debutta alla fine degli anni sessanta come autore
di storie erotico-poliziesche, che crea Il Gioco, con cui arriva
alla popolarità a livello mondiale. Che su testi di Hugo Pratt
disegna Tutto ricominciò con un'estate indiana ed El Gaucho, che
collabora con Federico Fellini e firma due storie a fumetti:
Viaggio a Tulum e Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet. "E'
l'autobiografia di un fumettaro, non delle mie vicende
personali. Mi interessava raccontare l'evoluzione di questa
professione che ha coinciso con quella della società. Partiamo
dal '68 e racconto come il fumetto via via si sia evoluto
cominciando a diventare un mezzo narrativo che ha coinvolto gli
adulti, prima era solo per bambini e ragazzi. Poi con
Barbarella, che veniva dalla Francia, e in Italia con Valentina
e poi Linus, Diabolik. Sono usciti tutti una serie di fumetti
che hanno trasformato il tipo di lettore, si sono rivolti agli
adulti, non necessariamente in chiave erotica, ma avevano
contenuti adulti. Poi è arrivata l'esplosione di Hugo Pratt,
Corto Maltese e il fumetto ha cominciato ad esser accettato in
Italia anche se non gli è mai stato riconosciuto, tranne negli
ultimi tempi, un rango culturale di cui gode in altre nazioni,
come ad esempio la Francia".
E cosa pensa dei graphic novel? " Fumetti era una parolina
inventata per i racconti per ragazzi, c'erano questi palloni che
sembravano nuvole di fumo. Capisco i giovani che hanno la
necessità di trovare un'altra formula, ma so benissimo che Dino
Battaglia, che ha disegnato le novelle di Maupassant, faceva
graphic novel molto prima che si chiamassero così. La parola
fumetto è entrata nel lessico talmente in profondità che sarà
difficile scalzarla. Guardo sempre con una certa circospezione
le dizioni in inglese, sia perchè non lo so, sia perchè trovo
curioso che in un 'Europa da cui è uscita l'unica nazione in cui
si parla inglese, si continui a parlare inglese. Preferisco la
dizione italiana: Hugo Pratt diceva 'letteratura disegnata' ma
capisco che una frase cos' lunga non potrà mai sostituire la
parola fumetto" spiega all'ANSA Manara che ha scelto di
raccontare soprattutto l'avventura.
" I graphic novel italiani si stanno concentrando su vicende
intime, familiari, rapporti difficili, sessualità. Il fumetto si
è allontanato dalla tradizione del racconto d'avventura a cui io
non ho mai voluto rinunciare perchè mi era stata inculcata da
Hugo Pratt per il quale l'avventura era qualcosa di nobilissimo.
Ulisse è il prototipo dell'avventura. Non voglio indagare fino a
che punto la letteratura può influenzare comportamenti sociali.
Certamente raccontare continuamente la violenza sia in
letteratura, cinema, tv non aiuta a creare una società non
violenta" spiega Manara che invita a "cercare di seguire una
propria stella cometa senza preoccuparsi eccessivamente del
politicamente corretto nel quale non bisogna lasciarsi
ingabbiare".
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