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Fedez: 'Non voglio fare l'intellettuale. Faccio musica e mi preparo al mio declino inevitabile'

Fedez: 'Non voglio fare l'intellettuale. Faccio musica e mi preparo al mio declino inevitabile'

Il cantante e giudice di X-Factor si racconta a Vanity Fair, le foto con la nonna e l'infanzia a Buccinasco

08 dicembre 2015, 13:15

Redazione ANSA

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Fedez con la nonna su Vanity Fair - RIPRODUZIONE RISERVATA

Fedez con la nonna su Vanity Fair - RIPRODUZIONE RISERVATA
Fedez con la nonna su Vanity Fair - RIPRODUZIONE RISERVATA

Se non fosse Fedez, sarebbe Federico Leonardo Lucia. Forse meccanico a Buccinasco, come appare per gioco nelle foto di Vanity Fair, che gli dedica la copertina del numero in edicola da mercoledì 9 dicembre, vigilia della finale di X Factor: "Avrei un lavoro normale, umile come umile è la realtà da cui provengo", dice nell'intervista al giornale.

"Ho avuto tantissimo culo - dice - e so che la fortuna potrebbe esaurirsi da un momento all’altro. La paura di sparire all’improvviso esiste e io mi preparo. Cerco di accettare nella maniera più sana possibile il mio declino inevitabile. Io so da dove vengo e so dove posso tornare".

Fedez per Vanity Fair posa con la nonna Luciana, "che ancora vive nelle case popolari al Giambellino", e racconta le sue origini: "Vivevamo in una casa modestissima presa con il mutuo da mio padre. Faceva l’orefice. Con la crisi dell’oro, nel 2001, perse tutto. Il lavoro e anche la sapienza da artigiano, affinata per anni. Si è riciclato come magazziniere. Mia madre invece gestiva l’archivistica di una multinazionale. Scartoffie, documenti, 1.500 euro di stipendio".

Non per questo accarezza la retorica degli umili natali: "Buccinasco non è il Bronx, e sa essere molto borghese... Non mi è mai mancato niente e non mi hanno neanche mai sparato a una gamba... Qui da noi, in Italia, nessuno può vantare le biografie dei rapper americani ed è stato triste ascoltare storie familiari di sofferenza che poi abbiamo scoperto essere completamente false".

"Dei detrattori - sottolinea - ho imparato a sbattermene le palle. Del resto non sono mai stato popolare, neanche da adolescente. Stavo sempre per conto mio. Al primo colpo non sto simpatico, non riesco a farmi voler bene né ad affascinare... Ambizioso lo ero, anche a 15 anni. Magari non c’era l’ambizione di diventare ricco, ma quella di sfogarmi e liberarmi di un’aggressività repressa. Noi siamo una generazione di spiantati. Cresciuti senza radici, senza punti di riferimento".

Riguardo al M5S: "Mi dà fastidio quando vengo dipinto come un fanatico che si ucciderebbe per loro... Le mie aspettative nei confronti della politica sono basse e il M5S è la migliore tra le pessime proposte sul terreno. Finché non c’è un condannato per mafia nelle loro fila, continuo a preferirli al resto della truppa... Le scie chimiche rappresentano l’alba, la loro Prima Repubblica. Si sono evoluti, potrebbero essere poco esperti, confusionari o addirittura incompetenti, ma almeno sono onesti... Sbagliano, cazzo se sbagliano. Di Battista non è il nuovo Berlinguer, ma è molto meglio della merda che ha intorno".

E poi: "Non ambisco a essere un intellettuale, ma in Italia non esiste intellettuale che non sia un grande bluff... Un mucchio di teste di cazzo gravemente ammalate di autoreferenzialità... Faccio musica, ho 26 anni, non dirigo un ateneo, parlo nella lingua che si parla oggi e mi prendo dei rischi. Qualcuno pensa che abbia una particolare convenienza? Che punti a stimolare i peggiori istinti? Non posso farci niente, ma è totalmente falso. Dire quello che veramente pensi non conviene mai. Per i pareri su Napolitano o Gasparri ho avuto e continuo ad avere casini serissimi... Infatti mi sono tranquillizzato. Non voglio problemi. Non dico più niente".

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