Dominatore da quattro settimane della classifica italiana dei singoli, il rapper franco-congolese Maitre Gims si prepara a conquistare anche il Festival di Sanremo: l'artista è arrivato oggi a Milano per presentare il doppio album 'Mon Coeur Avait Raison', in uscita il 29 gennaio, e annunciare la sua partecipazioen al Festival con il singolo 'Est-ce Que Tu M'Aimes?'. La storia di Gandhi Djuna (questo il suo vero nome) è insieme normale e straordinaria: figlio d'arte - il padre Djanana fu cantante della band di Papa Wemba - all'età di due anni lasciò la nativa Kinshasa con la famiglia per arrivare in Francia da sans-papier, crebbe fra i centri di ricreazione parigini dove imparò l'hip-hop americano dei Wu-Tang Clan e quello marsigliese degli IAM e presto si fece un nome con la crew Sexion d'Assaut. Da allora, il successo da oltre un milione di copie del debutto solista 'Subliminal' nel 2013, ma anche la conversione all'Islam, lo hanno reso un personaggio pubblico di grande interesse, simbolo di un'integrazione che si riflette nella musica: le due metà del disco, intitolate 'Pillule Bleue' e 'Pillule Rouge' con riferimento al film 'Matrix', rappresentano due anime musicali, il pop e il rap, l'introspezione sposata con la dance e una poetica 'urban' e sociale simboleggiata da emblemi com il pugile Floyd Mayweather ("Uno che emerge senza essere mai stato sconfitto, come vorrei essere io") o Melinda Gates ("Dietro molti uomini famosi si muovono grandi donne come lei che prendono decisioni molto importanti nell'ombra per il bene di molti"). 'Est-ce Que Tu M'Aimes?' esprime la parte più pop del suo repertorio, che spicca anche in brani come 'Habibi' o 'Contradiction' e soprattutto nella collaborazione con Sia in 'Je Te Pardonne', di cui è appena stato girato anche un videoclip: "La cosa più bella è stata che una fuoriclasse delle melodie come lei non abbia voluto modificare quella della mia canzone". Quello di Gims non è insomma l'hip-hop hardcore delle banlieue, ma un genere ibrido cittadino che ha come quartier generale il nono arrondissement e rivendica l'autonomia culturale del centro urbano: "L'hip-hop si evolve e non è più una nicchia, so per certo che lo ascoltano pure i Le Pen! - racconta - La gente era un po' stanca del rap sempre impegnato, ora può essere anche una musica festaiola".
In un certo senso Djuna rappresenta una generazione in cui il modello multiculturale ha funzionato: "Io mi sento un po' più francese che non congolese, ma soprattutto sono al 100% parigino". In Africa comunque tornerà a settembre per una tournée e con la promessa di un impegno sociale. Parlando a margine, il rapper non nasconde infatti la sua attenzione all'attualità: "Non ero molto più giovane di Aylan quando sono arrivato in Francia - dice riferendosi al bambino siriano la cui morte sconvolse nel 2015 - Oggi molti migranti vengono per integrarsi e creare qualcosa, ma quando sono isolati in un centro o in una periferia è tutta un'altra storia". Per questo eventi come gli attentati del 13 novembre lo hanno ferito: "La gente scopre l'Islam solo dopo questi attacchi, e tutti sembrano diventare esperti: ma il vero Islam è una religione basata sul rispetto".
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