''Un viaggio nell'oscurità al termine del quale diventa chiaro che la vera conoscenza non può essere soltanto concettuale ma passa attraverso l' interazione, la condivisione e il confronto con gli altri''.
Simon Stone, regista d'opera australiano pluripremiato e tra i più ricercati della scena contemporanea, riassume così il senso del Mefistofele che il 27 novembre segna il suo debutto in Italia con l' inaugurazione della Stagione 2023-2024 del Teatro dell' Opera di Roma.
Il monumentale dramma di Arrigo Boito vedrà sul podio Michele Mariotti, direttore musicale della Fondazione della Capitale, con un cast internazionale che comprende il basso canadese-americano John Relyea nel ruolo del titolo, il soprano italiano Maria Agresta nella parte di Margherita/Elena e il tenore americano Joshua Guerrero in Faust. Ciro Visco dirige il Coro al quale si affianca il Coro di voci bianche del Teatro. ''Per comprendere quest' opera - ha spiegato Stone, che ha un precedente italiano di prosa nel 2018 a Torino con la messa in scena di Tre Sorelle di Cechov - bisogna ragionare sull' idea di peccato e di purezza. Faust passa la vita a inseguire l' ideale di purezza fino al momento di confrontarsi con la parte più corrotta di sè''. Il regista, conosciuto per le sue riletture innovative dei capolavori del melodramma - dalla Violetta 'influencer' della Traviata all' amore di Tristano e Isotta tra i grattacieli di New York - ha evitato di anticipare dettagli sull' allestimento. ''Mefistofele - ha tenuto a precisare - è una denuncia urlata contro il populismo. Incarna il peggio dell' essere umano, è egoriferito e totalmente disinteressato alla comunità che Boito fa parlare attraverso il coro. Le arie del coro sono le più belle di tutta l'opera''. L' orchestra, sottolinea, è davvero straordinaria. ''Il mio lavoro potrebbe non piacere ma il pubblico dovrebbe venire anche soltanto per ascoltare questa musica meravigliosa. Quando due anni fa l' Opera di Roma mi ha proposto di metterlo in scena non avevo mai sentito Mefistofele. Dopo averlo fatto sono rimasto sconvolto e mi sono chiesto perchè la gente non cantasse queste arie per strada, Tutti dovrebbero conoscerlo''. Mefistofele, dunque, come sfida dell' uomo ai propri limiti, tra il satanico e il sublime, alla ricerca di un equilibrio tra i due estremi e, aggiunge Stone, di una ''seconda possibilità: tornando giovane Faust scopre che cosa sarebbe successo se avesse fatto scelte completamente diverse''. Michele Mariotti, alla sua seconda apertura di stagione dell' Opera di Roma, affronta per la prima volta il capolavoro del compositore padovano, autore anche del libretto, ''E' un' opera che coinvolge in modo totale tutti noi - ha osservato -. E' l' uomo come archetipo, con i suoi valori psicologici atemporali e le sue pulsioni eterne, che si esplica nel dualismo bene-male. Boito ha reso il Faust, monumento filosofico di Goethe, un' opera di repertorio. Non c' è un filo unico, il suo bello è la frammentazione, la pluralità di linguaggi e di stili. E' un meraviglioso viaggio verso l' utopia''. Il vero significato, fa notare il maestro, è che ''dobbiamo accettarci così come siamo, è stolto pensare di raggiungere la purezza, ognuno di noi avrà sempre un Mefistofele. Le nostre contraddizioni fanno parte del nostro Dna di esseri umani''. Il sovrintendente dell' Opera di Roma Francesco Giambrone, fiducioso che il dibattito in corso con i sindacati dei lavoratori dello spettacolo non dovrebbe pregiudicare lo svolgimento dell' inaugurazione, ha ribadito che la scelta di Mefistofele con un regista come Simon Stone si inserisce nella linea del Teatro di ''raccontare il mondo di oggi con storie apparentemente vecchie che parlano un linguaggio attuale''. Il dramma di Boito fu messo in scena per la prima volta alla Scala nel 1868 e fu un fiasco clamoroso che costrinse il compositore a mettervi mano. La nuova versione fu rappresentata con successo nel 1875 a Bologna. A Roma, la prima rappresentazione al Teatro Costanzi avvenne nel 1887.
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