Dando una rapida lettura al cartellone operistico del Teatro Comunale di Ferrara si ha la sensazione di una stagione come ce ne sono tante nei tanti teatri di tradizione sparsi lungo la via Emilia e più in generale nel nostro Paese: sono lontani, viene da pensare, i fasti degli allestimenti lirici dell'era Abbado, al quale il teatro è ora intitolato.
E invece, dopo i primi due titoli rappresentati, Madama Butterfly lo scorso ottobre e Werther ieri, si scopre che così non è e che, anzi, in entrambi i casi si è trattato di spettacoli superlativi sia dal punto di vista scenico che da quello musicale.
E dunque il pensiero va subito a quel Leone Magiera, che del
teatro ferrarese è presidente onorario, e alla sua sessantennale
esperienza nella formazione delle voci, che sicuramente deve
averci messo lo zampino. Così, se l'inaugurale opera pucciniana
aveva il suo punto di forza proprio nella Butterfly di Silvia
Pantani, l'allestimento del capolavoro di Jules Massenet,
falcidiato l'anno scorso dal Covid, ha puntato più su un
equilibrio generale che è raro raggiungere in un'opera così
difficile, soprattutto per le voci. Francesco Demuro è oggi uno
dei tenori più apprezzati e il ruolo del tormentato Werther gli
sta a pennello, fin dalla prima aria 'Je ne sais si je veille'
ha voce calda e ben salda, ma è nella celeberrima 'Pourquoi me
réveiller' del terzo atto che il cantante sardo tira fuori le
sue doti migliori, facilità di emissione e gran bel fraseggio.
Non sono da meno la Charlotte del mezzosoprano Karina
Demurova che nella sua aria delle lettere rende il giusto
tormento, il baritono Guido Dazzini che ha interpretato Albert e
il soprano Maria Rita Combattelli per la quale la parte di
Sophie sembra sia stata scritta, tenue e delicata. Grande merito
va naturalmente alla prova di Francesco Pasqualetti che ha
diretto la Filarmonica dell'Opera Italiana Bruno Bartoletti
mettendosi al servizio dei cantanti. Dal punto di vista visivo,
il regista Stefano Vizioli e lo scenografo Emanuele Sinisi hanno
creato uno spettacolo essenziale dominato sul fondo da una sorta
di grande foglio stropicciato in alto da una mano nervosa
(quella di Werther stesso?) dove, grazie ad alcune proiezioni,
appaiono parole che si compongono e scompongono (quelle chiavi
del libretto), ma anche due bocche che si baciano per sostituire
il bacio ora proibito sulla scena a causa della pandemia. Per il
resto pochissimi altri elementi come un divano, uno scrittoio,
un fortepiano e tante foglie cadute. Azzeccata poi l'idea di una
Charlotte che già sulle note iniziali appare in scena
invecchiata e su una sedia a rotelle: ricompare nell'ultimo atto
e li si capisce che il tutto è un flash-back della protagonista.
Al termine numerosissime chiamate per tutti, purtroppo in un
teatro che, forse, non arrivava alla metà della capienza.
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