(di Paolo Petroni)
Un divertissement vagamente
surreale, fine a se stesso, una drammaturgia degli oggetti che
si antropomorfizzano almeno parzialmente, visto che tutti hanno
le gambe, un'invenzione comica senza parole attorno a una
casetta di cartone è ' 'After all Springville'' della belga Miet
Warlop col sostanziale contributo dei costumi di Sofie Durnez.
Alla Biennale Teatro l'autrice-regista torna dopo cinque anni e,
anche allora, ''Mistery magnet'' aveva una trama fatta di
forme e figure che prendevano teatralmente vita nelle maniere
più buffe e stravaganti e quella volta molto giocate sul colore.
Adesso tutto ha il piatto beige del cartone con le gambe vestite
di nero come nerovestiti sono gli attori che compaiono e
interloquiscono con gli oggetti. E questi hanno una loro forma
di curiosità verso gli umani che spesso agiscono come loro,
muovendosi a scatti, guardandosi attorno, interrogativi e
intimoriti con sospettosi sguardi di sguincio o in tralice,
esprimendosi con vocalizzi e suoni come sottolineatura delle
mimiche smorfie di stupore, di divertimento, di complicità quasi
da cartone animato.
Ecco una scatola di cartone, sempre con due gambe e scarpe
da ginnastica, da cui fuoriesce un tubo che si accorcia e cresce
come il naso di Pinocchio curiosando attorno; ecco una cassetta
metallica di un quadro elettrico che fa contatto e crea fiammate
e scintille sino a morire schiantata; ecco un tavolo tondo con
tovaglia bianca che prima fa cadere un vaso di vetro con i
fiori, poi porta in giro, sulle sue gambe con calze e tacchi a
spillo, un'apparecchiatura di tre tazze, tre flute e una
bottiglia di spumante, in un curioso scontro-incontro con gli
altri e con gli umani anch'essi particolari, da un personaggio
altissimo a un paio di pantaloni senza busto e testa, come fosse
una parte segata (il rumore che viene da dentro la casa è
quello) del precedente, o un uomo che entra in scena
letteralmente lanciato fuori di casa dalla finestra.
Quaranta minuti comici di divertimento con figure solo
apparentemente scollegate, oggetti in cerca d'autore, sbuffi di
fumo colorato, invenzioni che paiono quelle sperimentate da
tanto teatro ragazzi. Nel loro agire c'è una vena comica
astratta, non grossolana, al di fuori di una qualsiasi storia,
con echi da comica finale muta e una specie di sottile crescendo
ritmico e letterale, visto che alla fine la casa esplode per il
gonfiarsi spropositato di vari serpentoni di gomma che invadono,
atterrano e schiacciano tutto e tutti, arrivando a premere sugli
spettatori della prima fila della platea, quasi a volerli
coinvolgere, se vogliamo cercare un qualche senso, in una
concreta impossibilità di comunicare realmente, di incontrarsi
normalmente.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA