Chiamarlo teatro per l'infanzia sarebbe riduttivo: quella di Chiara Guidi, cofondatrice della compagnia teatrale Socìetas Raffaello Sanzio, oggi Societas, è una proposta che "scatena qualcosa di profondo dentro di noi, noi adulti - spiega l'attrice, regista e drammaturga - entriamo in uno spazio dove si nasconde qualcosa che intuiamo, ma non riusciamo a mettere a fuoco fino in fondo". Quel mistero che Guidi invita a esplorare con 'Il mostro di Belinda', il suo nuovo spettacolo, in prima assoluta al Teatro Studio Melato, dal 7 al 17 novembre.
Tratto da varie versione de 'La bella e la bestia', a partire da quella di Calvino, lo spettacolo è un percorso di scoperta e accettazione del mostruoso da parte di Belinda, l'eroina della fiaba, capace di far emergere il bene dall'oscurità, grazie all'amore con cui accoglierà la Bestia.
"Il teatro per l'infanzia - premette il direttore del Piccolo, Claudio Longhi - è una delle invenzioni sprecate del teatro italiano, ha offerto stimoli e spunti importanti, ma è un serbatoio di possibilità non sfruttato fino in fondo". Se i bambini sono sempre stati "un pubblico fondamentale del teatro di ricerca", aggiunge Guidi, è anche perché sono il tramite "per dire cose agli adulti".
Così, per esempio, di fronte alla favola della Bella e la Bestia, ciò che interessa a Guidi è "il contrasto presente in entrambi che spinge a sentire la contraddizione dell'apparenza, ciò che appare - sottolinea - chiede una profondità, ciò che è riconoscibile chiede un interrogativo, non solo nella realtà artistica ma in quella quotidiana. Perché ciò che ci appare bello lo è? Secondo quali categorie?". Così il mostro è tale perché ha una voce da mostro, un suono che apre a un modo di giudicare la realtà per categorie, mentre la metamorfosi è guidata dalla freccia di Cupido, che non a caso è un bambino, e accompagnata dalla voci di altri bambini "in un'ambientazione in cui il teatro è la casa della Bestia, dove può avvenire un cambiamento, una trasfigurazione, qualcosa che - chiosa - ci obbliga ad andare in profondità".
Ecco perché nel teatro di Guidi non ci sono quei tipici ammiccamenti delle proposte per l'infanzia: "dire 'tanto sono bambini' è una ferita fortissima, bambino è il tempo che verrà, una possibilità di ribaltamento della società perché attraverso i bambini noi recuperiamo l'essere vivi". E attraverso la voce recuperiamo "la possibilità di vedere una cosa dietro un'altra cosa. Devi sentire e vedere per andare oltre l'apparenza, che è - conclude - il bisogno che abbiamo tutti".
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