La storia non è solo scritta sui libri; spesso riposa tra le mura della nostra casa e soprattutto nella memoria di chi fa parte della nostra famiglia e magari tiene per sé quello che crede non importi a nessuno, fatti troppo lontani, forse troppo dolorosi da ricordare.
Il ragazzo con il libro sotto il braccio, opera prima del giovane regista Simone Menin, prodotto da Wow Tapes ed in onda su History Channel (411 di Sky) il 28 agosto alle 21.50, non è solo la ricostruzione delle vicende di Nildo Menin, uno delle migliaia degli IMI (Internati Militari Italiani) costretto a lavorare per la Germania nazista alla fine della seconda guerra mondiale, ma è soprattutto la storia di un nipote che crede di conoscere tutto della vita del nonno e che invece scopre che il suo passato più remoto gli è del tutto sconosciuto e che il tempo che resta per scoprirlo e per farselo raccontare, è poco.
Racconta Simone Menin: "Sapevo che il nonno Nildo era stato un carabiniere in gioventù, che aveva vissuto gli anni della bonifica della palude pontina e del regime fascista, ma non come fosse finito in Germania e perché fosse stato prigioniero. Anche mio padre ne sapeva poco o nulla, perché di questi argomenti non si era mai parlato in famiglia. Un giorno il nonno mi disse di avere un diario che aveva scritto durante la prigionia, lo fece leggere a me per primo. Ho iniziato così a studiare la storia degli IMI, mettendo in relazione le storie scritte da Nildo con le testimonianze storiche di altri sopravvissuti; si è aperto per me un mondo nuovo, e ho iniziato a scoprire una storia invisibile che per troppo tempo era rimasta nascosta e che doveva essere raccontata. Nonno è scomparso poche settimane dopo aver visto insieme a me il documentario, come se avesse sentito che, una volta rivista tutta la sua vita e averla affidata alla mia memoria, abbia sentito di potersene andare, a 98 anni.
Simone, grazie al racconto del nonno davanti alla telecamera e al suo diario di prigionia, ha scoperto la storia di un ragazzo veneto di 19 anni del secolo scorso che ha partecipato alla bonifica della palude pontina, poi strappato dalla sua vita e costretto ai lavori forzati in Germania nelle condizioni più umilianti; il suo diario, nascosto per decenni, gli ha rivelato la tenacia del nonno che, anche sotto ai bombardamenti, ha continuato imperterrito a scrivere le sue memorie, l'arma più potente contro chi voleva togliergli la sua umanità. Nildo racconta in video e nel suo diario la vita da internato, la lotta quotidiana per sopravvivere, la bizzarra società alternativa che si crea all'interno del campo, ogni singolo bombardamento, ogni volta che riesce a procurarsi un pezzo di pane in più.
Il documentario - prodotto dalla Wow Tapes di Simone Menin e dei soci Fabio Reitano, Giuseppe Lombardi e Chiara Sardelli - ha il sapore speciale delle riprese fatte in casa, con i rumori e le voci di fondo e lo stile informale che rappresenta lo spirito di un dialogo tra due generazioni che sembrano oggi lontanissime, ma che cercano un punto di incontro.
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