Premiato al festival di Cannes 2018 con il prestigioso Oeil d'or come miglior documentario, in sala in questi giorni distribuito dalla Cineteca di Bologna, La strada dei Samouni è (in virtù del riconoscimento a Cannes) tra i documentari candidati agli Oscar il 24 febbraio 2019. Il film di Stefano Savona con le animazioni di Simone Massi, presentato in Concorso alla Quinzaine Des Réalisateurs, è una storia dolorosa e potente ambientata a Gaza. La piccola Amal, quasi una martire, creduta morta e invece sopravvissuta a uno di quei massacri inspiegabili - 29 membri della sua famiglia di contadini, tutti civili - di cui sono piene le guerre di ogni tempo e latitudine e sui cui nessuna commissione d'inchiesta potra' rendere veramente giustizia, è la protagonista. Il documentarista palermitano che vive a Parigi (è anche archeologo e antropologo), noto tra l'altro per il documentario Piazza Tahir con cui ha vinto nel 2011 un David di Donatello, racconta "una fiaba nera", come la definisce, per la quale ha impiegato quasi 10 anni di lavoro.
"Ero andato a Gaza, anche velleitariamente, quasi una bravata, volevo rompere l'embargo delle immagini nel 2009 all'epoca di Piombo Fuso. Giravo - spiega all'ANSA Savona - di giorno e di notte pubblicavo su un blog le immagini da dentro il conflitto. La storia di questa famiglia mi aveva colpito molto, contadini pacifici, sterminati per sbaglio, per leggerezza, senza un motivo. Gente che aveva lavorato anche in Israele e che era fiduciosa di salvarsi dalla guerra proprio per l'esperienza di convivenza con chi abitava dall'altra parte del muro. Il soldato israeliano cui viene comandato di continuare a sparare era davvero uno che provava ad opporsi a quell'assurdità. I Samouni era una famiglia che non si aspettava di diventare una famiglia martire". Savona racconta di una permanenza a Gaza City "emotivamente faticosa", ma quella storia "meritava di essere raccontata ancora". Ecco cosi' stabilire con i sopravvissuti, con la piccola Amal cresciuta troppo in fretta un rapporto di amicizia, "mi hanno adottato".
Una commissione d'inchiesta dell'esercito israeliano ha riconosciuto l'errore militare. Savona ha continuato a documentare, anche l'anno dopo quando nonostante lo shock esistenziale cercavano di tornare a coltivare la loro terra fertile. "Andavo oltre le macerie perche' la distruzione sappiamo e' fotogenica, ma cercando di capire, con i racconti dei sopravvissuti, il loro passato e non tanto perché era migliore ma perche' solo ripensandolo si poteva guardare il presente e costruire il futuro". Il passato è opera delle animazioni di Simone Massi (e la squadra di animatrici, in gran parte donne) che danno vita alla comunità contadina dei Samouni con la precisione del disegno, a mano fotogramma per fotogramma, e la grande poesia cui ci ha abituati. Il film, una coproduzione italo-francese (con Pico Films, Dugong, Rai Cinema e Alter Ego Production) è stato tra l'altro realizzato in collaborazione con la fondazione Pianoterra onlus.
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