JAMAICA KINCAID, ''VEDI ADESSO ALLORA'' (ADELPHI, pp. 162 - 16,50 euro - traduzione di Silvia Pareschi).
''Vedi adesso allora'', un titolo apparentemente criptico, ma che parla della presenza, della persistenza del passato nel presente, di come sotto l'apparente ordine della vita quotidiana prema il caos, mettendo in continua tensione la nostra esistenza, i rapporti con gli altri, lo stare al mondo. Ed è tutto questo che sta sotto e dietro la vicenda normale di un matrimonio che, a dispetto del nome dei protagonisti, i signori Sweet, diventa amaro e impossibile nel momento in cui il marito si innamora di una donna più giovane. Proprio quello che è accaduto all'autrice, che come ogni scrittore pesca storie esemplari all'interno di se stessa e della propria vita.
E' la storia di lei, che scrive in una stanza vicina alla cucina romanzi sul suo paese d'origine, Antigua, povera indigena delle Antille, e lui, di ricca famiglia di Manhattan, che compone musica nel suo studio sopra il garage, sempre più disprezzandosi e odiandosi, con apprezzamenti forti, insulti culturali ma anche apprezzamenti razziali su chi è arrivato ''su una barca delle banane''. Con loro, in una bella casa del Vermont, sono i figli Persephone e Heracles, nomi mitologici in cui appare già un segno del destino.
Ma questa storia diventa quella del riuscire a scriverla, del rivivere adesso quel che è stato, del dolore e la fatica della scrittura, del destino e dell'illusione di ogni esistenza, del suo mistero e del mistero delle parole che sgorgano dai ricordi. ''Fra l'oscurità dei miei occhi impenetrabili e le mie labbra che hanno la forma del caos prima che gli venga imposta la tirannia dell'ordine è dove trovo me stessa - scrive la Kincaid - la vera me stessa ed è da lì che scrivo; ma sapevo scrivere prima di saper leggere, perché tutto ciò di cui avrei scritto esisteva prima prima che io imparassi a leggere e a trasferirlo in parole e a metterlo su carta, e tutto il mondo era esistito ancora prima che sapessi parlare, era esistito ancora prima che sapessi capirlo, e a ben guardare io non so davvero scrivere perchè ci sono ancora tante cose davanti a me che non so ancora leggere''. La forza di questo libro, grazie alla potenza di una scrittura razionalissima e visionaria assieme, intensamente poetica e banalmente realistica (e vada lode alla traduzione della Pareschi), è di trascinare il lettore all'interno di tutto questo, di tensioni e contraddizioni, di odi e amori, di incubi e sogni, all'interno di una mente sconvolta che cerca disperatamente lucidità, così da essere come prigionieri di un maremoto, di oscillazioni temporali e spaziali, del cambio di punti di vista, portando a galla il dolore della perdita e scoprendo quanto il tempo non sia quella successione cronologica con cui lo rappresentiamo, ma sia allo stesso tempo passato e presente, allora e adesso, e solo scoprendo le radici dell'oggi, riusciamo a farci i conti, a accettarlo.
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