Il giardino come opera d'arte, come impegno e cura delle cose amate, come realizzazione di un sogno, il giardino come metafora della vita. ''Nel corso della mia vita, nei momenti difficili, mi sono spesso rifugiata in giardino. Il contatto con la natura, con la pianta viva, mi è stato e continua a essermi di grande conforto'', spiega Marella Agnelli. Da tutta questa passione e calma ritrovata nasce Ho coltivato il mio giardino, un volume biografico scritto con la nipote Marella Caracciolo Chia, dalla straordinaria illustrazione fotografica che esce in Italia il 14 ottobre per Adelphi (304 pagine, 55 euro), in contemporanea con l'edizione Americana, edita da Rizzoli US e intitolata The Last Swan, dopo tre anni di lavoro.
Ma la bellezza di queste pagine, è la stessa che colpisce ed ha sempre colpito nella donna Marella, la sua estrema eleganza, il suo sapere essere quasi eterea, ma nella grande semplicità che appartiene a tutte le cose dotate di un'anima bella. Questa sua anima di ragazza un po' ribelle, ha cercato di metterla tutta la vita nella cura delle cose che circondavano lei, ma anche e soprattutto la sua famiglia e quella figura, così ingombrante, di suo marito Gianni Agnelli.
Il punto focale del libro sono quindi le case e i giardini, che siano ville, appartamenti o chalet, sempre comunque da sogno, che ha creato un po' ovunque a partire dal suo matrimonio avvenuto nel 1953. Ma prima c'è il giardino de I Cancelli, la villa dell'infanzia della famiglia Caracciolo, dove il padre Filippo e la madre americana Margareth l'avevano cresciuta. Una famiglia di ''anglobeceri'', scrive Marella che ad un certo punto incontra il glamour della famiglia da jet-set degli Agnelli. Conosce prima la madre Vittoria ma per lei è amore già a distanza per Gianni, che incontra in Svizzera quando ha appena 18 anni e sposa, dopo una relazione contrastata, otto anni dopo, quando lui ne ha 32 ed ha perso entrambe i genitori troppo presto. Marella in Svizzera, dove la sua famiglia dava rifugio ai partigiani, conosce anche la sorella di Gianni Maria Sole e sarà lei a regalarle il suo primo paio di scarpe rosse ''da donna''. Un segno del destino quindi,per una ragazza che prima di diventare Agnelli studia belle arti a Parigi e va poi a New York, amatissima città, a fare prima la modella e poi la fotografa scambiata da Erwin Blumenfeld per una rifugiata ebrea.
Dal 1953 inizia la sua avventura che negli anni Sessanta si dividerà tra la vecchia residenza di Corso Matteotti a Torino, nel centro storico, e la ipertecnologica Villa Bona. Una villa hollywoodiana vetro e cemento, nata anche per ospitare la crescente passione dei due padroni di casa per l'arte contemporanea che diventava sempre più una collezione. Passione, come quella per i cani di grande taglia, che Marella ha sempre diviso con Gianni, tra arte e tenerezza quindi. Poi arriva l'appartamento di Via Brera a Milano, ristrutturata da Gae Aulenti e che vede in salotto un tavolo di metallo che viene da una fabbrica Fiat e alla parete Car di Roy Lichtenstein del 1963. Nasce qui anche l'amicizia tra Marella e Gae, una delle tante amicizie di una vita, come quella finita male con Truman Capote, che trascinava per case e barche degli Agnelli i suoi bauli Louis Vuitton riempiti alla rinfusa. O ancora quello con i Kennedy, con cui Gianni divideva la passione per la vela.
Viene poi Villa Frescot, alle porte di Torino per cercare una privacy che in centro città non era più possibile. E ancora lo chalet da sogno di Chesa Alcyon a Saint-Mortiz, arredato in stile primi Novecento, con i quadri di Egon Schiele. La casa di 770 Park Avenue, a New York; il convento, di Alzipratu, in Corsica, regalatole da Gianni per farla felice ed invece da lei non così amato. Così come la quasi odiata Leopolda in Costa Azzurra, che le ricordava troppo gli anni della giovinezza scapestrata di lui e poi quelle sorprese del marito da lei poco amate, come portare i bambini senza preavviso a fare il bagno in Costa Azzurra con l'elicottero, a buttarsi direttamente in mare. Poi gli anni Novanta, gli anni difficili dopo la morte di Edoardo prima e di Gianni dopo, fino ai giorni nostri quando torna a dedicarsi ad un progetto che l'accoglie e la pacifica, quello della casa di Aïn Kassimou, a Marrakesh. Colori e giardino da sogno in cui perdersi.
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