ANNA BIKONT E JOANNA SZCZESNA, 'CIANFRUSAGLIE DEL PASSATO - LA VITA DI WISLAWA SZYMBORSKA' (ADELPHI, PP 456, EURO 28,00)
Seamus Heaney, premio Nobel per la letteratura 1995, le scrisse ''povera, povera Wislawa'', raccontava la poetessa polacca Wislawa Szymborska, l'anno dopo, nei giorni seguenti l'aver avuto anche lei la comunicazione della vittoria al Nobel per la Letteratura. Il suo collega irlandese le spiegava come è la vita dopo il Nobel: ''Cominciano a spuntare fuori amici di cui ti ricordi appena, ti fanno visita parenti di cui non avevi mai sentito parlare prima, mentre persone che non ti aspetteresti diventano tue nemiche. Poi ci sono molti fastidi legati a viaggi, incontri, lezioni ecc''. La notizia di questa lettera la riferiscono Anna Bikont e Joanna Szczesna, autrici di ''Cianfrusaglie del passato - la vita di Wislawa Szymborska''.
Un libro con un bell'inserto fotografico, corposo e ricco di particolari inediti e illuminanti su questo personaggio riservato, che, per il Nobel, avrebbe voluto avere una sosia, tanto era ''il terrore di non riuscire a rispettare tutto quel cerimoniale, perché di carattere sono del tutto diversa''. Ai giornalisti che le chiedevano come si sentisse a essere ormai tra i grandi della letteratura, rispondeva: ''Il tempo chiarirà tutto. Riparliamone tra cent'anni'', mentre era molto preoccupata per il discorso che avrebbe dovuto tenere: ''Io tendo all'aforisma e alla concisione e ormai credo sia un'inclinazione incurabile'' e alla cerimonia, per arricchire il suo intervento, che iniziava non casualmente con le parole ''Io non so...'', lesse anche tre sue poesie che sosteneva esprimessero tutto ciò che aveva da dire.
A questo si aggiunge un aneddoto che fece molto discutere i moralisti svedesi. Alla cena del Nobel si trovò seduta alla destra del re Carlo Gustavo e, accanita fumatrice, a un certo punto chiese di assentarsi per una sigaretta e il sovrano galante l'accompagnò, fumando anche lui, come pare risulti da una foto, che è stata e però ritirata e mai riprodotta perché così il re avrebbe scandalizzato i suoi sudditi. La Szymborska era una vera tabagista, tanto che a uno degli altri commensali di Stoccolma, che le confessava di aver smesso di fumare, aveva replicato interrogativa: ''Ah! e significa che lei non vuole morire?''.
Queste sono spigolature in una lunga e ricca narrazione per accumulo documentario, in cui spesso, per racconti riportati o fatti alle due autrici e attraverso citazioni da interviste, interviene direttamente la poetessa stessa, ma questo non vuol dire che si tratti di una biografia indiscreta, anzi, proprio nell'aderire allo spirito della Szymbroska, tutto il contrario, rispettosa e attenta al tono. Le autrici sono due popolari giornaliste polacche e seguono la vita, la crescita, gli interessi culturali, la simpatia per Solidarnosc negli anni Ottanta, il Nobel appunto, e la vita nova dopo quell'avvenimento di portata mondiale e che ne ha fatto un personaggio e soprattutto un poeta molto popolare, anche in Italia, grazie all'apparente immediatezza e naturalezza dei suoi raffinatissimi versi, a quel suo indagare il quotidiano, sicura che in ogni sua minima piega si nascondesse il mistero miracoloso dell'esistenza. Una persona mite e seria Szymborowska, con una sua gravità nella leggerezza, ma anche capace di scherzare, di giocare ironicamente con le parole, spiritosa come dimostrano tanti suoi articoli e le cartoline riprodotte nel libro, e convinta che l'umorismo nasca dalla tristezza di vedere il ridicolo delle cose.
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