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Hiroshima di John Hersey 70 anni dopo

Hiroshima di John Hersey 70 anni dopo

Giornalista New Yorker raccoglie testimonianze sei sopravvissuti

ROMA, 06 agosto 2015, 11:49

Nicoletta Tamberlich

ANSACheck

La copertina del libro di John Hersey 'Hiroshima - La storia di sei sopravvissuti ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina del libro di John Hersey  'Hiroshima - La storia di sei sopravvissuti ' - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina del libro di John Hersey 'Hiroshima - La storia di sei sopravvissuti ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

JOHN HERSEY, 'HIROSHIMA - LA STORIA DI SEI SOPRAVVISSUTI' (SKIRA, pp. 155, euro 16)-.
    "Per arginare il fuoco Tanimoto si trovò ad attraversare la Piazza d'Armi Orientale, che essendo un'area di evacuazione era in quel momento teatro di un'agghiacciante corteo: file di gente ustionata e sanguinante. Gli ustionati gemevano, 'Mizu, mizu !(Acqua, acqua!)'. Tanimoto trovò una bacinella in una strada vicina, localizzò un rubinetto ancora funzionante nello scheletro devastato di una casa e cominciò a portare acqua agli sconosciuti sofferenti. Quand'ebbe dissetato una trentina di persone, si rese conto che stava perdendo troppo tempo.
    'Scusatemi', gridò a quelli che gli stavano accanto, che tendevano le mani verso di lui lamentandosi per la sete. 'Ho tanta gente di cui occuparmi'". Il 6 agosto 1945, alle 8.15, Enola Gay, il bombardiere americano approntato per l'operazione, sgancia sul centro di Hiroshima Little Boy. Esplosione che a 580 metri dal suolo uccide sul colpo circa ottantamila persone. Altre migliaia moriranno in seguito a causa delle radiazioni. Il 90% degli edifici viene completamente raso al suolo e tutti i 51 templi della città vengono distrutti. Meno di un anno dopo, il giornalista John Hersey del New Yorker si reca sul posto per un reportage. 'Hiroshima - La storia di sei sopravvissuti' è una radiografia del male: il racconto della più grande catastrofe che l'uomo abbia provocato, ricostruito attraverso le vicende di esseri umani catapultati nell'inferno di un fungo radioattivo.
    Per la prima e unica volta il New Yorker dedica l'intero numero al suo reportage che, vista l'eco fortissima, diventa un libro.
    Nel 1985, quarant'anni dopo la prima pubblicazione, John Hersey (1914-1993) torna a Hiroshima alla ricerca delle persone di cui aveva raccontato la vicenda. Il suo lavoro si arricchisce così di un nuovo capitolo conclusivo. Per continuare a scuotere la coscienza dell'umanità.
    Settanta anni dopo quell'immane tragedia, che giorni dopo venne completata con l'annientamento di Nagasaki, il volume ci ricorda quella catastrofe. Un libro che è diventato un classico dalla prima lontana edizione. È la più lucida, e commovente inchiesta sull'eccidio. Hersey incontra e racconta le vicissitudini della signorina Toshiko Sasaki, impiegata in una fonderia, del medico Masakazu Fujii, della sarta Hatsuyo Nakamura, del gesuita Wilhelm Kleinsorge, del giovane chirurgo Terufumi Sasaki, del pastore metodista Kiyoshi Tanimoto, rappresentando squarci di umanità che riassumono, per chi legge ancora oggi, la fuga dalla morte e la resurrezione di una nazione.
    Tante da allora le domande rimaste irrisolte. Un libro per non dimenticare, anche a 70 anni da quella data. A Hiroshima, la pelle scivolava via dalla carne, la gente si aggirava per le strade con gli occhi fusi, molti furono letteralmente vaporizzati, lasciando le loro ombre incise sulle pareti. I bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki sollevano l'interrogativo: fu necessaria la bomba atomica? Le centinaia di migliaia di civili che morirono rappresentarono un giusto prezzo da pagare? Il 31 agosto 1946, un anno dopo la Seconda Guerra Mondiale, il New Yorker pubblicò una descrizione impressionante di come procedeva la vita per chi era sopravvissuto ad un attacco nucleare. L'articolo di Hersey, uno dei primi giornalisti occidentali giunto nella città giapponese dopo l'esplosione della bomba, intitolato semplicemente 'Hiroshima', raccontava i movimenti di quelle persone, a partire da quando si erano svegliati quella mattina, ciò che stavano facendo al momento dello sgancio dell'ordigno, fino a mesi più tardi. Si trattava delle vite di persone comuni. Il quarto capitolo, 'Panico e partenio' si apre 12 giorni dopo lo scoppio della bomba. Troviamo padre Kleinsorge leggermente affaticato. Stupito per i piccoli tagli presenti su tutto il corpo, non ancora guariti. Comincia a farsi spazio l'idea di una grande unica bomba lanciata su Hiroshima.
    La signorina Nkamura comincia a perdere i capelli. Un'intera ciocca, poi un'altra fino a ritrovarsi calva. Tante persone cominciano ad ammalarsi ad un mese dallo scoppio della bomba.
    In questo capitolo si chiude il racconto di quei giorni. Il quinto capitolo è dedicato al 'dopo' e svela cosa è successo ai sei sopravvissuti. Attraverso i loro occhi, Hersey mostra la sorprendente distruzione della città, i corpi di decine di migliaia di uccisi abbandonati tra le macerie, gli sforzi frenetici di salvataggio, l'impossibilità dei pochi ospedali rimasti indenni nel prestare assistenza medica, la penuria di medicinali per trattare i feriti, i medici costretti a scegliere quali pazienti andavano salvati. E, ancora, gli edifici distrutti, la necessità di cibo e acqua, le strade saltate, i ponti crollati, i dispersi e gli ustionati, le urla dei sepolti vivi invocanti aiuto, le famiglie divise, l'avvelenamento da radiazione e la durata degli effetti fisici ed emotivi. Hersey (che vinse il Pulitzer) ha offerto una lezione di storia da non dimenticare. I suoi testimoni oculari avevano visto cose troppo troppo inumane. In un'intervista al New York Times del marzo 2015 lo scrittore Erik Larson, alla domanda su quale libro da leggere avrebbe voluto suggerire al presidente degli Stati Uniti, ha risposto: "Hiroshima, di John Hersey. Ma credo l'abbia già letto. O almeno lo spero".
   

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