ANTONINA VALLENTIN, ''PICASSO'' (CASTELVECCHI, pp. 380 - 25,00 euro - Traduzione di Renzo Federici).
I disegni di Picasso ventenne sono già frutto di quel segno continuo, senza sbavature o eccessi, ''come creato sul filo della penna'', che sarà la caratteristica e il contorno dei suoi futuri capolavori. Sabartés, suo amico e poi biografo, gli chiede se la sua sia un'eredità dei calligrafi spagnoli del Seicento che disegnavano ornamenti barocchi e angeli senza mai staccare la penna dal foglio e che chiamavano quella loro abilità ''la nuova arte di scrivere''. Lui replica: ''Ma no, è tutto molto più semplice. E' un'abitudine praticata da tutti, da noi a Malaga dove ho visto decine di ragazzi disegnare in questo modo sulla sabbia, con un segno filato''.
Lo racconta Antonina Vallentin, intellettuale, pittrice, critica d'arte tedesca che approda a Parigi nel 1929 e scrive varie biografie, compresa questa su Picasso, uscita da Einaudi nel 1961 e ora ripubblicata da Castelvecchi. L'artista, nato a Malaga nel 1881, vive ancora nella sua amata Barcellona nei primissimi anni del Novecento, dove ''lavora tanto'' come scrive all'amico Max Jacob, talmente tanto che quando un giorno Sabartés lo va a cercare a casa e la madre lo fa entrare nella camera di Pablo che ancora dorme, attorno al letto, sul tavolo, sulla sedia e sul pavimento sono disseminati decine di disegni, quasi fossero nati da una furia creativa, come ricorda riferendo anche quel dialogo. Un'ossessione in realtà c'era, quella per la bella Chelito che si esibiva a Barcellona in un numero detto La Pulce, antesignano dello striptease, e cui Picasso non manca nemmeno una sera e, tornando a casa, disegna e ridisegna le linee di quel corpo femminile, acquistando un'abilità e qualità formale che è frutto anche della scoperta del desiderio sessuale. Ma c'è anche una sorta di inarrestabile creatività. Disegna ovunque, dalle casse di un trasloco ai muri imbiancati della stretta scala che porta a casa sua e di Sabartés: ''intinge il pennello in una colata di azzurro - scrive la Vallentin - e lo fa scorrere sul muro senza staccarlo mai, come 'seguisse una chiara traccia che lui solo è in grado di seguire'. Su una stetta parete disegna un nudo monumentale e poi non lascia più il pennello. Lavora in modo febbrile, temendo, si direbbe, possa sfuggirgli una delle immagini che gli si affollano attorno'', così dipinge il corpo di un moro nudo impiccato a un albero e, vicino a terra, una coppia di amanti.
L'interesse di questa biografia, scritta negli anni Cinquanta mentre Picasso è ancora vivo e frequentandolo, è principalmente in questi anni di formazione meno noti al grande pubblico, in cui si segue il nascere e formarsi del carattere artistico di questo grande pittore e se ne capiscono quindi i futuri sviluppi. Su Picasso che arriva al successo, sugli anni parigini, la Guerra di Spagna, l'occupazione tedesca della Francia, il periodo in Costa azzurra e così via la documentazione è molto più ricca e nota e anche in queste pagine comunque tutto è ricostruito e documentato con una appassionata vena narrativa piacevole e intelligente. Ci appare vivo quindi ''il fenomeno forse più tumultuoso di vitalità artistica della nostra epoca'', dall'essenziale incontro con Gertrude Stein alla rivalità con Matisse, dalla nascita del cubismo attraverso la genesi di opere come Guernica e Les Damoiselles d'Avignon all'impegno politico e gli amori, quasi a bersi la vita da assetato come in un lungo sorso ininterrotto. Picasso morrà poi a Mougins nel 1973 a 92 anni.
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