LUANA DE FRANCISCO, UGO DINELLO, GIAMPIERO ROSSI, MAFIA A NORD-EST (BUR, 334 PP., EURO 14).
Paragonare il Nord-Est ad alcune aree meridionali o del Settentrione in quanto a presenza mafiosa sarebbe un azzardo. Ma ostinarsi a credere che la prima sia un'area avulsa dal fenomeno della criminalità organizzata, è altrettanto avventato. 'Mafia a Nord-Est', dei giornalisti Luana De Francisco, Ugo Dinello e Giampiero Rossi (Bur), è una analisi attenta e imparziale del contesto, che si inserisce nel solco di una saggistica sempre più oculata sul delicato argomento ma che fino ad oggi si è soffermata su regioni come Lombardia e Piemonte, dove invece che di infiltrazioni si può parlare di insediamenti stabili.
Le differenze sono sostanziali: settori economico-sociali di quattro regioni del Meridione sono retti 'manu militari' dalla criminalità (camorra, mafia, 'ndrangheta, Sacra corona unita); alcune regioni del Nord registrano una presenza marcata delle organizzazioni, che ha creato anche addentellati nel mondo della politica, oltre che in ambiti economici, a viso aperto; il Triveneto annovera presenze episodiche, legate a singoli protagonisti (boss o avanguardie) che ancora mantengono un 'low profile'. Dunque, il libro diventa una esortazione a fare attenzione, a non vivere in una bolla di presunta immunità perché i meccanismi di avvicinamento e infiltrazione con le conseguenti omertà, paura, violenze non conoscono confini regionali. Secondo un'indagine tra la popolazione, il 27,9 per cento degli intervistati è convinto che nel Nord-Est non ci siano le mafie; il 49,7 risponde 'poco'. Invece, "nel Nord-Est ci sono tutte le mafie", scrivono gli autori, anche perché, come accaduto in Veneto, "le ha volute il ceto imprenditoriale".
Perché più attendibili rispetto a uno Stato corrotto e gommoso che chiede continuamente 'gabelle' che nessuno è disposto a pagare. "Siamo venuti in Veneto perché qui sono disonesti. Più disonesti di noi" spiega Mario Crisci, commercialista dei Casalesi, al procuratore antimafia Roberto Terzo. E aggiunge: "Qui la gente non ha voglia di pagare le tasse, peggio che da noi". Non è un caso se il Veneto è la regione dove l'evasione fiscale è tra le più alte in Italia.
Sulla presenza delle mafie non esiste letteratura né sociologia: le presenze criminali sono scandite dalle sentenze giudiziarie e dalle investigazioni delle forze dell'ordine. E sono queste che De Francisco, Dinello e Rossi analizzano componendo un puzzle storico-geografico chiaro e preoccupante, cominciando dalla mai troppo ricordata mafia del Brenta con la strettissima amicizia di Felice Maniero al boss mafioso Gaetano Fidanzati, per finire alla presenza mafiosa nel circuito bancario. L'arresto in Sicilia di un avvocato legato alla mafia fa scattare l'allerta in Friuli il boss Graziano si era sistemato in pianta stabile con la famiglia.
Se si è evitata una nuova Terra dei Fuochi in parte del Veneto, con il grande business dei rifiuti industriali e gli accordi tra imprenditori locali e 'ndrangheta e camorra, è grazie alle inchieste della Dia di Napoli; se si chiariscono le dinamiche di complicità con il tessuto sociale locale è grazie al sostituto antimafia Roberto Pennisi, tanto per fare dei nomi.
E poi il mercato dei mitili a Chioggia, il narcotraffico in Friuli di Luciano De Sario, i 19 beni confiscati alla criminalità in Fvg, la prima visita della Commissione parlamentare antimafia in Fvg il 12 giugno 2015, la vicinanza con traffici illeciti di frontiera (Slovenia e Croazia), sono tutti elementi di una ramificazione non casuale contro la quale occorre reagire e subito. In questo senso, gli autori ascrivono merito - tra gli altri - al Procuratore capo di Trieste, Carlo Mastelloni, che dal suo insediamento chiede di alzare il livello di attenzione, e al Questore di Udine, Claudio Cracovia.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA