(di Patrizia Vacalebri)
ISABELLE RABINEAU - LE MOLTE VITE DI
CHRISTIAN DIOR (EDIZIONI LINDAU, PP. 386, 28 EURO).
Christian Dior non ha bisogno di presentazioni. Da quel 12
febbraio 1947, quando il New Look lo ha consacrato nel
firmamento della moda, è sempre vissuto sotto i riflettori delle
sfilate e dei media. Il ritratto che ne traccia Isabelle
Rabineau in questa biografia esemplare ci rivela però molti
aspetti sconosciuti della sua personalità. Attraverso interviste
alle persone a lui più vicine (i membri della sua famiglia e
della Maison, innanzitutto), i diari inediti di personaggi a lui
legati, come Cocteau, i materiali degli archivi, il lavoro
compiuto per il teatro e il cinema, le case in cui è vissuto, da
quelle di famiglia all'Hotel Particulier di Parigi e alla casa
di campagna nel Var, emerge un Dior dalle molte vite, tutte
ugualmente intense: imprenditore visionario, grande amante della
pittura, dell'architettura, della fotografia, dei giardini e dei
fiori, amico dei più grandi artisti del suo tempo.
Forse proprio in questa ricchezza d'interessi e di passioni è
nascosto il segreto di una creatività che nell'arco di appena
dieci anni (prima della sua morte prematura avvenuta nel 1957)
ha trasformato la moda in un'arte. Dior voleva esaudire i
desideri femminili. Ma cosa volevano le donne nel 1947? Usciti
dalla guerra, le scarpe avevano le punte quadrate e gli abiti le
spalle rigide. C'era stata la moda del nero appena prima di
Dior. Tutti gli abiti avevano il décolleté chiuso con un
fermaglio. Dior era uscito da un cocktail in cui tutte le donne
erano vestite così. Quello che proponeva era riportare la donna
alla femminilità.
Il successo di Dior, il 12 febbraio 1947, si spiega anche con
il nome New Look coniato da Carmel Snow, cronista di moda
americana che subito dopo la sfilata telegrafò al suo giornale
inventando la felice espressione e trasformando così la prima
sfilata in un evento capace di raggiungere l'altra sponda
dell'Atlantico.
Oggi, a oltre 70 anni dalla nascita della maison, la moda è
più che mai il teatro di tutte le passioni. Il suo pubblico si è
evoluto, le sue filiere produttive e di distribuzione si sono
perfezionate. La concorrenza tra gli stilisti si è esacerbata,
facendosi sempre più intensa e furiosa. Ma Dior possiede una
carta in più da giocare: una scena originaria. Questa scena è
incastonata tra i muri di Avenue Montaigne, gli stessi che hanno
visto nascere e crescere il marchio. Non appena mette in moto la
macchina della sua nuova casa di moda, Dior intuisce che l'ormai
famosa scena del 12 febbraio 1947, la presentazione della sua
prima collezione primavera/estate, diventerà una sorta di
Bibbia, un quadro inesauribilmente rievocato, un capolavoro da
essere visto e compreso in mille e uno modi diversi. Ha
ampiamente premeditato questo coup de theatre, frutto di un
lavoro enorme, che doveva dare inizio a uno spettacolo capace di
continuare a lungo, anche dopo che si erano spente le luci nei
saloni dell'Avenue Montaigne.
Nel cuore della sua casa di moda quella scena originaria è
sempre presente, ancora oggi, come una fonte mai prosciugata.
"Credo che uno dei tratti dominanti del suo carattere - scrive
Suzanne Luling, grande amica di Dior - fosse la ripugnanza per
l'esibizione. Eppure il mondo lo divertiva. Come un universo
affascinante, ma pieno di sorprese, distrazioni ed era un po' il
suo sogno, di pericoli. Lui stesso era la persona più fantasiosa
che si possa immaginare, e niente gli piaceva tanto come tutto
quello che era divertente".
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