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I 'fantasmi micenei' di Schliemann

I 'fantasmi micenei' di Schliemann

Prima indagine sul lungo Grand Tour dello scopritore di Troia

ROMA, 16 settembre 2018, 17:16

Redazione ANSA

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(di Margherita Nanetti) MASSIMO CULTRARO, L'ULTIMO SOGNO DELLO SCOPRITORE DI TROIA (EDIZ. STORIA E STUDI SOCIALI, 220 PP, 16 EURO) Piu' di trenta anni - dal 1958 al 1890 - e' durato il vivace rapporto senza tregua di passione e 'repulsione' dell'archeologo tedesco Heinrich Schliemann con l'Italia. Dal suo primo arrivo nella Roma papalina lercia e decadente, fino alla morte del finanziere cosmopolita e commerciante di successo su vasta scale e vari generi, dall'indaco alle armi, avvenuta a Napoli nel pomeriggio del 26 dicembre di 32 anni dopo, mentre era convalescente per l'asportazione di un tumore all'orecchio e attendeva di imbarcarsi per la Grecia dalla sua seconda e amatissima moglie, Sofia Engastromenos. Sara' lei a diffondere la biografia del marito facendone un best seller mondiale, tradotto in molte lingue, e ristampato ancora oggi, affidandone la stesura a Emil Cohn, rodato scrittore di vite altrui.
    Questo lungo periodo di alti e bassi tra il nostro Paese e l'uomo che scoprì il sito di Troia e divenne una leggenda, e' indagato, per la prima volta con ampiezza e occhio critico da Massimo Cultraro, professore di Paletnologia e Preistoria Egea all'Universita' di Palermo, primo ricercatore del Cnr a Catania che in tanti viaggi, da Atene al Giappone, ha arricchito il bagaglio di tasselli preziosi. 'L'ultimo sogno dello scopritore di Troia' e' il volume nato da questa ricerca, appena pubblicato dalle 'Edizioni di storia e studi sociali' di Ragusa e presentato a Roma nella libreria 'Fahrenheit'.
    Dall'Emilia, alla Sicilia con i tanti scavi a Mozia, Taormina e Segesta, per ricordarne solo alcuni, fino alla etrusca Populonia, e alle vulcaniche pendici laziali, alla ricerca nelle vigne di Albano della mitica Alba Longa narrata da Virgilio, e' senza sosta la caccia di Schliemann all' approdo italico degli esuli micenei, 'fantasmi' scampati al crollo delle mura iliache e dispersi nella diaspora attraverso il Mediterraneo.
    "Il suo viaggio si intreccia con la storia l'Italia - scrive Cultraro - passando dagli stati pre-unitari alla nuova realtà istituzionale unificata; da acuto osservatore, Schliemann fotografa ed esamina un paese in forte trasformazione, dominato da profonde contraddizioni e da alcuni malesseri che, agli occhi del viaggiatore tedesco, apparivano endemici e, pertanto, incurabili". Notevole la mole di materiali e documenti esaminati: ogni giorno Schliemann scriveva almeno venti lettere di cui teneva copia con una speciale carta da ricalco.
    Nell'archivio ateniese che porta il suo nome, e che fu regalato allo stato greco da Ifigenia e Agamennone, i figli avuti da Sofia, l'ultimo censimento del 2015 conta 60mila lettere da lui inviate e 34mila ricevute dai suoi mittenti. Lo studioso, ci ricorda Cultraro, scriveva nelle lingue dei paesi nei quali soggiornava per affari e scavi. I 18 diari di viaggio di Schliemann, scritti dal 1846 al 1890, mutano lingua di continuo e parlano francese, italiano, greco moderno, inglese, tedesco, spagnolo, russo, arabo, turco e persino olandese. Le lingue antiche le aveva già studiate adolescente, sotto la severa guida del padre pastore protestante. Un corredo di fotografie di Schliemann e della sua epoca, e delle antichità sommerse che riportò alla luce, arricchiscono questo libro snello e agile anche grazie a un indice dei luoghi e delle fonti.
   

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