ERIC VUILLARD, ''L'ORDINE DEL GIORNO'' (ED E/O, pp. 138 - 14,00 euro - Traduzione di Alberto Bracci Testasecca).
Una cronaca, questa con cui Vuillard ha vinto lo scorso anno il Premio Goncourt, che ci affascina nella sua impietosa visione delle cose, raccontate, ricostruite, immaginate con ipotetica fedeltà nei piccoli gesti, gli atteggiamenti, le sensazioni, i discorsi, una sorta d'imparzialità che lascia parlare i fatti, da cui comunque al fondo affiora una certa aria sprezzante per le persone, individui e popolazioni, e il loro comportarsi e operare. Un romanzo dunque che si sofferma sui particolari, le piccole cose e avvenimenti che hanno portato per inettitudine, senza rendersene conto, all'ascesa della Germania nazista e al disastro europeo della seconda guerra mondiale e dell'olocausto.
Sembra tutto irreale e incredibile, oggi a posteriori, quel che invece ha una sua inesorabile, assurda quotidianità e abitudine, come quella dei 24 maggiori industriali tedeschi, da Krupp a Opel, da Flick a Siemens, convocati nelle stanze del potere e ricevuti dal Presidente del Reichstag Hermann Goering per parlare delle vicine elezioni e per presentar loro un Hitler ''sorridente e rilassato, niente affatto come lo immaginavano'', che illustra loro la necessità di spazzar via un regime debole e allontanare la minaccia comunista e dei sindacati, dopodiché quel 20 febbraio 1933 ognuno darà, come ha sempre fatto, un proprio ''banale'' contributo alla campagna elettorale. Sono gli stessi industriali che, durante la guerra usufruiranno di manodopera a costo zero, uomini e donne alla loro morte sostituiti da altri praticamente schiavi selezionati tra i prigionieri nei lagher, e dopo la guerra opporranno Ostacoli e cercheranno, riuscendoci, di non pagare o pagare il meno possibile risarcimenti alle loro vittime, in un cerchio economico di investimento e sfruttamento ad alto reddito.
Ovvero, Auschwitz, Mauthausen, Dachau, Buchenwald e gli altri campi di concentramento hanno fatto prosperare la Bayer, la Daimler, la Krupp-Thyssen e altre industrie tedesche che sono marchi ancor oggi tranquillamente sul mercato internazionale.
L'altro momento di questo avvincente e stupefacente racconto, nella sua apparente normalità, gira attorno all'invasione-annessione dell'Austria il 12 marzo 1938, con la descrizione del pranzo a Londra nella residenza del premier Neville Chamberlain con la partecipazione di Winston Churchill e l'ambasciatore tedesco Ribbentrop, appena nominato da Hitler ministro degli esteri, che parla di tennis e si approfitta con spregiudicatezza dell'eccesso formale di educazione dell'ospite, aspettando che questi riceva durante il pranzo la notizia che i panzer tedeschi hanno passato il confine dell'Austria. In precedenza Vuillard ci aveva illustrato, con la solita, neutra meticolosità, anche il surreale e imbarazzante viaggio del premier austriaco Schuschnigg vestito da sciatore per incontrare Hitler e cercar di salvare il proprio paese, ma del quale comunque subisce la soggezione annaspando nelle risposte sino al ridicolo e abdicando totalmente alla propria dignità, senza ottenere alcun risultato reale. Lo dimostra il seguente anschluss, con la catena di suicidi in Austria, specie tra gli ebrei, da subito umiliati e sbeffeggiati. Tutto questo sottolineando anche beffardamente in altre lucide pagine di naturale, nera ironia, come la grande macchina da guerra tedesca fosse del tutto impreparata e i mezzi corazzati, mal progettati e peggio costruiti, finissero in panne ben prima di arrivare a Vienna, dove per la parata nazista si sarà costretti a portarli caricati su un treno. Lo scrittore francese costruisce momenti significativi nei piccoli dettagli rivelatori, restando sempre fedele alla verità storica con la coscienza che ''le più grandi catastrofi si annunciano spesso a piccoli passi'' e sottolineando come ''la letteratura consenta tutto'' e potrebbe raccontare conclusioni diverse, magari ricreando un po' di grandezza dove manca totalmente, persino nel male. Invece registra solo un assurdo scivolare, non per destino ma con assoluta incoscienza e sino al tragicomico, nelle braccia di Hitler, che seduce persino i lontani americani, se nei magazzini di costumi di Hollywood già allora si trovano tante uniformi naziste con le loro croci uncinate.
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