PAOLO RUFFILLI, 'LE COSE DEL MONDO 1978-2019' (Mondadori, pag. 205, euro 20,00) - ''Opera unitaria'', ''costruzione poematica'' frutto di una lunga ''elaborazione, di un lavoro più che quarantennale'', e che, appunto, attraversa tutta la produzione di Paolo Ruffilli, dal 1978 al 2019, per portare in un unico volume l'idea che, pure tra le forme diverse, fa da filo conduttore alla sua espressione, alla sua necessità di ''perlustrare il concreto mondo'', ''in un gioco di continui rimandi e rispondenze tra io e realtà esterna attraverso la pratica del linguaggio''. Ma non solo. Scrive l'autore che questo libro è ''una tappa fondamentale del mio percorso poetico''. Ma non solo aggiungerei ancora. ''Le cose del mondo'', che esce in questi giorni nella prestigiosa collana dello Specchio Mondadori, inizia con ''Nell'atto di partire'', dando subito l'idea dinamica di un viaggio, il suo viaggio non solo fisico. Anche se qui il poeta intende il viaggio piuttosto come lo sguardo che vede lontano per interpretare a modo suo e ''contro i rischi dell'ignoto''.
Ecco da evitare è proprio l'ignoto, intendendo la poesia prima di tutto come forma di conoscenza, ''scoprendo che la vita ci precede/ nel mentre stesso che rimane indietro''. Mai partito mai arrivato con la vita che pizzica in gola come un rimorso e spaventa il poeta che attraversa in treno l'esistente cogliendo la vita dal finestrino o da stanze d'albergo ''da lasciare all'alba''. Di passaggio, come la sua lingua che esita tra il quotidiano e l'aulico alla ricerca di una sua semplice classicità. Spoglia, lineare, priva di orpelli e in questo bellissima e immutata in quarant'anni di leggerezza come ''un soffio che respira su ogni cosa,/ una condensa di fiati e di sostanze'' che però non dimentica di essere ''alito di morte''.
''Morale della favola'', sostiene Ruffilli nominando uno ad uno i suoi capitoli, è che ci sono un principio e una fine dentro i quali tutto accade, la rivolta, la paura, le bugie, il buio, l'intenzione, gli amici, la scuola, la seduzione, la resistenza, la fantasia, il successo, l'orrore o la semplicità di un pettine che scivola tra i capelli e molto altro. Fino all'evidente che ''ti impedisce di vedere la parte più importante''. Le cose nominate in un catalogo e racchiuse nei versi di una poesia da portare in tasca in treno, in un libro ''memoria e magazzino: la sorgente,/ nel cuore della vita, il laccio e /uncino, il continente che addita e ruota/ il divieto e la licenza, amore e disamore/ gioia e rimpianto''. Poi alla fine non potrebbe che esserci l'inventario dell'anatomia, che è carne ma anche sentimento e a chiudere la sua sublimazione nella ''Lingua di fuoco'', realtà e metafora, scrittura, sapere, fine. Ed è forse la più antica.
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