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In evidenza
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(di Chiara Venuto)
PATRICK WINN, NARCOTOPIA (ADELPHI, PP
503, 30 EURO)
Il narcotraffico? Non è solo roba da Paesi latinoamericani.
Parola del giornalista Patrick Winn, che in 'Narcotopia' - in
uscita in Italia domani, 24 settembre, per Adelphi con la
traduzione di Svevo D'Onofrio e una prefazione di Roberto
Saviano - ha svolto "un'indagine sul cartello della droga
asiatico che ha sconfitto la Cia".
Siamo in quella che ufficialmente è Birmania, ma nella realtà
dei fatti è un'entità a sé: lo Stato Wa. Il suo popolo
storicamente è stato uno dei più diffamati dell'Asia: persino
Vasco da Gama, pur non avendo mai messo piede nel territorio, ne
aveva descritto gli abitanti come dei cannibali. "Si sbagliava.
I Wa non erano cannibali, bensì cacciatori di teste che
praticavano l'impalamento rituale dei teschi dei nemici", spiega
Winn, una pratica comunque abbandonata "solo qualche generazione
fa - gli ultimi teschi sono stati mozzati in qualche momento tra
la Beatlemania e la disco music - ma lo stigma rimane". Oggi la
loro è una nazione a tutti gli effetti, con leggi proprie,
strade, scuole e un esercito permanente. La cui economia, però,
si fonda sul business dell'eroina e della metanfetamina che i Wa
- da decenni nel mirino della Dea e della Cia - producono ed
esportano in tutto il globo.
Un'area le cui contraddizioni vengono ben espresse da Saviano
nella sua prefazione, dove riflette sull'immagine (fornita da
Winn nel libro) di una chiesa cristiana a Lashio, la cui campana
è stata sostituita da una granata. Un simbolo di fede e
violenza, due temi che si incroceranno più volte nel racconto.
"Le ragioni per cui i Wa sono diventati nei decenni passati,
e per parecchio tempo, i più grossi esportatori al mondo di
eroina, sono molteplici. Ma se a domanda si rispondesse: grazie
agli Stati Uniti e alla Cia, non si sbaglierebbe", scrive
Saviano. "È dai tempi della Guerra Fredda che gli americani se
ne vanno in giro ad armare gente, soldati per procura che, nelle
intenzioni del danaroso committente, dovrebbero prendere a calci
il nemico comunista, ma che nella realtà fanno un po' il cavolo
che gli pare - prosegue - Il fesso si rivela assai meno fesso di
chi voleva controllarlo. Il sempliciotto dimostra con quale
semplicità si può fregare lo zio Sam".
Winn racconta la vicenda dell'idealista Saw Lu, un Wa di
religione battista pronto a sacrificare ogni cosa pur di
unificare e modernizzare il suo popolo liberandolo dalla
schiavitù dell'oppio, e della sua nemesi, Wei Xuegang, un genio
del crimine. Ma non mancano i punti di vista della Dea, che
combatte il traffico di droga, e della Cia, che invece lo
sfrutta per i suoi obiettivi geopolitici. Anche perché Winn ha
usato loro documenti (già declassificati oppure "ottenuti
attraverso metodi non convenzionali") per raccontare al meglio
questa storia. Fino ad arrivare al livello di Cina e Stati
Uniti, che manovrano tutti gli attori in campo, finanziandoli e
armandoli per poi sbarazzarsene quando non sono più necessari.
Non senza una sana dose di umorismo, nel suo reportage Winn
narra di questa minoranza indigena che, perseguitata, si avvale
dell'unico mezzo a sua disposizione - il papavero da oppio - per
conquistare dignità, patria, un governo autonomo. E, nonostante
sia evidente che la droga da loro prodotta abbia distrutto
tantissime vite, alla fine è difficile non fare il tifo per
l'indipendenza dei Wa.
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