Il 44% dei pensionati, cioè 7,4 milioni di persone, vivono in condizioni di semipovertà, con un assegno pensionistico inferiore a 1.000 euro lordi mensili. E' quanto emerge dal rapporto realizzato da Cer (Centro Europa ricerche) e Cupla (Comitato unitario pensionati lavoro autonomo) sul potere d'acquisto delle pensioni, falcidiate dall'aumento delle addizionali locali e dal "mancato recupero del drenaggio fiscale". L'impoverimento dei pensionati - si legge nel rapporto - "non è solo un effetto del crescente peso del fisco". Il meccanismo di adeguamento annuale del valore delle pensioni all'inflazione, la cosiddetta indicizzazione, non ha infatti protetto "né le pensioni di importo basso, né quelle di importo medio alto". L'area di disagio crescere innanzitutto tra i pensionati più poveri, per il solo effetto del prelievo fiscale, le pensioni più basse hanno subito una perdita del potere d'acquisto del 4%. Inoltre le pensioni più povere si collocano oggi oltre tre punti percentuali al di sotto della soglia di povertà assoluta. Un divario determinatosi "interamente negli ultimi 10 anni". Le pensioni al di sopra dei 1.500 euro non godono più di un recupero pieno dell'inflazione. La perdita che ne consegue rispetto all'andamento dei prezzi al consumo "è consistente, risultando compresa tra il 2 e il 7%". Cupla chiede quindi di estendere il bonus da 80 euro anche ai pensionati a partire dalle fasce più basse di reddito e di ampliare la no tax area ad almeno 13.000 euro (dagli attuali 8.000). Infine si potrebbero prevedere specifiche detrazioni per gli anziani ai fini Tasi.
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