La prima assemblea nazionale dei riders, i 'ciclofattorini' che lavorano per le piattaforme digitali di consegna del cibo a domicilio, ha richiamato a Bologna un centinaio di persone provenienti da tutta Italia. Giovani soprattutto e tra loro, riuniti a Làbas in Vicolo Bolognetti, c'erano seduti anche due dei sei 'fattorini' che, dopo essere stati licenziati dalla multinazionale tedesca Foodora, hanno chiesto ai giudici del Tribunale del Lavoro di Torino il riconoscimento di lavoro subordinato. Ricorso respinto qualche giorno fa.
La loro storia, come quella di altri riders provenienti anche da Francia e Belgio, è stata raccontata ai partecipanti che si sono confrontati sul riconoscimento dei loro diritti e sull'organizzazione di una iniziativa di mobilitazione il primo maggio a Milano, Torino e Bologna.
Ed è proprio qui che la 'Riders Union Bologna', associazione che riunisce i lavoratori delle piattaforme digitali, ha firmato, insieme a Comune e sindacati, la prima 'Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano'. "Chiediamo di lavorare in sicurezza - ha spiegato Tommaso di Riders Union - con assicurazioni, indennità in caso di maltempo e una paga minima oraria. Se le piattaforme digitali non condivideranno la Carta vedremo: spingeremo perché diventi un protocollo con elementi sanzionatori verso chi non vuole firmarla. Oltre questo, ci mobiliteremo ancora".
Pochi giorni fa il Tribunale di Torino aveva bocciato il ricorso dei rider di Foodora, sospesi dopo avere protestato contro le condizioni di lavoro: i fattorini puntavano al riconoscimento di un rapporto di subordinazione con la multinazionale tedesca del cibo a domicilio.
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