"Ho detto che le parole hanno fatto danni, perché le famiglie e le imprese pagano tassi più alti di prima", oltre per quanto riguarda le imprese a "garanzie e clausole contrattuali diverse da quelle degli altri Paesi, che pagano ai tassi di prima o anche più bassi". Così il presidente della Bce Mario Draghi è ritornato sulle sue parole sulla situazione in Italia. Per le famiglie sono anche saliti i tassi sul credito al consumo, mentre "per i mutui il processo è più lento", e "questo è successo in Italia e non altrove".
La Bce non ha trattato in modo diverso Italia e Germania, "non è vero, punto e basta", perché "la Bce non ha fornito prestiti, la Bce ha comprato i titoli sovrani in ogni Paese a seconda della chiave di sottoscrizione dei capitali della Bce, facciamo una politica monetaria in tutti Paesi, non in uno o in un altro", ha aggiunto Draghi, rispondendo anche a chi proponeva un limite ai pagamenti della Bce che questo "sarebbe fatale" per l'eurozona, "non ha nessun senso fare pagamenti sino a una certa soglia".
Il numero uno della Bce ha anche spiegato che a dieci anni dallo scoppio della crisi e dalle misure per farvi fronte, oggi "il lavoro non è ancora finito ma stiamo raccogliendo i frutti dei nostri sforzi" con la "crescita positiva da oltre 5 anni, la disoccupazione al minimo da novembre 2008" e con il reddito disponibile delle famiglie "in crescita al tasso più alto da 10 anni". In linea con quanto deciso a Riga di "ridurre il ritmo degli acquisti netti di titoli a 15 miliardi di euro a partire da ottobre sino alla fine dell'anno", a questi punto "prevediamo che, a condizione dei dati in arrivo che confermino le nostre previsioni a medio termine dell'inflazione, cesseremo gli acquisti", ha detto ancora Draghi, sottolineando che questo però "non significa che la nostra politica monetaria cesserà di essere accomodante".
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