E' un bene primario al pari di acqua, luce e gas, oggi "è il nostro modo per mantenere i contatti": Internet non è mai stata così indispensabile per questo si avvertono i problemi di un sistema non ancora pronto a sostenere volumi di traffico come quelli dell'emergenza coronavirus. Ad avere qualche carenza sono sopratutto le applicazioni. A spiegare cosa sta succedendo con il boom di smart working ed e-learning è Massimo Carboni, dirigente del Dipartimento Infrastrutture di GARR, la rete italiana dell'istruzione e della ricerca, 17000 km in fibra con una capacità complessiva di 3.5 Terabit.
"La rete è simmetrica ed equivalente in tutta Italia - dice Carboni all'ANSA - con l'improvviso aumento delle lezioni online, con flussi in upload spesso superiori a quelli in download, la qualità della connessione non ne risente. L'accesso degli studenti agli streaming video delle lezioni e ai contenuti online ha generato nell'ultima settimana un aumento del traffico in upload del 60% rispetto alla media annuale". Il discorso cambia se si parla di utenze domestiche e di scuole che non viaggiano sulla rete GARR. E se è sicuro che Internet non rischia di 'spegnersi', "come non accadde a Fukushima", oggi possiamo percepirne la saturazione e constatare che "il vero driver dell'evoluzione sono le applicazioni che non reggono alla connettività - spiega - e i soggetti in crisi sono i fornitori di servizi, quelli che noi chiamiamo GAFAM, Google Apple Facebook Amazon e Microsoft".
La rete, con i suoi 70 punti di presenza su tutto il territorio nazionale, è gestita dal Consortium GARR, associazione senza fini di lucro fondata sotto l'egida del Miur.
I soci fondatori sono Cnr, Enea, Infn e Fondazione Crui, in rappresentanza di tutte le università italiane.
"In aree come Milano e Roma, ora che molti hanno cominciato a lavorare da casa, il traffico è aumentato del 40% - aggiunge Carboni - La saturazione comporta dai 100 megabit garantiti dal gestore l'utente arrivi ad vere 40 megabit. E' indubbio che siamo di fronte a limitazioni della banda e che, se quello che abbiamo ora è frutto di dieci anni di investimenti, non possiamo girare la manopola in due settimane e fare ciò che richiederà, invece dai 24 ai 36 mesi".
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