Il "settembre caldo" del fisco passa (anche) attraverso lo sciopero di chi fa la dichiarazione dei redditi: i 120.000 commercialisti italiani. I professionisti, che avevano invocato (ed atteso) la proroga dei versamenti dal 20 luglio al 30 settembre, incassato il 'no' governativo, guidati dai 9 sindacati di categoria (Adc, Aidc, Anc, Andoc, Fiddoc, Sic, Unagraco, Ungdcec ed Unico) e sostenuti dal Consiglio nazionale, hanno proclamato l'astensione dal lavoro, "in occasione delle prossime scadenze di settembre e di quelle successive". Nel corso di un dibattito al Senato, la categoria ha illustrato un vasto 'cahier de doléances', in cui ha dato voce al "disagio" di quanti sono "chiamati ad uno straordinario e caotico impegno in occasione delle molteplici scadenze tributarie", evidenziando, ha sostenuto il presidente dell'Anc Marco Cuchel, che la richiesta dello slittamento degli adempimenti "non era un capriccio", e che in considerazione della crisi di liquidità in cui versano contribuenti e aziende, a causa della pandemia, "ci sembrava fosse un atto dovuto". Il primo appuntamento dell'astensione (a meno di rilevanti novità da parte dell'Esecutivo, che potrebbero concretizzarsi dopo le parole odierne del viceministro dell'Economia Laura Castelli, che ha riferito all'ANSA che si pensa ad utilizzare i "circa 20 miliardi", pure per "cancellare parte delle tasse rinviate a settembre"), è stato annunciato, è quello del 16 settembre, quando i commercialisti intendono 'incrociare le braccia' e non inviare telematicamente all'Amministrazione finanziaria i dichiarativi relativi alle comunicazioni Iva.
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