Sono raddoppiati gli appassionati di pasta integrale passati in tre anni dal 36% al 75%.
Chi dichiara di aver mangiato pasta biologica almeno una volta nell'anno sale dal 13% al 63%, per non parlare di quella senza glutine schizzati dal 7% al 30%.
Ha cambiato volto la pasta nel piatto
degli italiani, dove avanzano le confezioni "senza glutine",
"100% italiana", "trafilata al bronzo" e "a lenta essiccazione"
a discapito del pacco tradizionale. Lo sottolinea l'Ismea, nel
confermare come il valore degli acquisti sia tornato a salire
dopo aver toccato il più basso nel 2018, proprio grazie
all'exploit di referenze a più alto valore unitario. La pasta,
infatti, oggi rappresenta oltre il 3% dello scontrino della
spesa alimentare ma dall'inizio del decennio le quantità si sono
ridotte di quasi il 13%. Un calo dovuto a cambiamenti
demografici, una maggiore attenzione alla dieta e alla crescita
di un'offerta alternativa che ha rivoluzionato lo scaffale. Il
risultato è una rimodulazione degli acquisti che riflettono un
diverso stile di vita degli italiani.
In settori maturi come la pasta, indica l'Ismea, alcuni
prodotti tradizionali vengono sostituiti da altri della stessa
filiera con caratteristiche più in linea alla domanda del
mercato. Ed è quello che sta succedendo in Italia che si
conferma il primo produttore, consumatore e esportatore al
mondo. I pastifici nazionali producono 3,4 milioni di
tonnellate, di cui più della metà vendute all'estero per un
valore di quasi 2 miliardi di euro, soprattutto in Germania, Usa
e Francia. Per soddisfare la domanda di frumento dei molini e
pastifici, segnala l'Ismea, è necessario approvvigionarsi sui
mercati esteri per una quota che oscilla, a seconda dell'annata,
tra il 30 e il 40%, visto che l'Italia produce mediamente 4
milioni di tonnellate di frumento duro.
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