I tecnici sono al lavoro sulle norme anti-delocalizzazioni: secondo quanto si apprende da diverse fonti governative, l'idea resterebbe quella di un decreto ad hoc ma ci sarebbe anche chi non esclude che si possa percorrere la via dell'emendamento alla manovra. Il lavoro tecnico procede, ma vanno risolte le distanze sulle sanzioni e poi le norme potrebbero anche essere inserite nella legge di bilancio. Le nuove norme puntano a evitare che le aziende chiudano per delocalizzare le produzioni senza avere prima trovato delle soluzioni per i lavoratori. Tra i punti da definire resterebbe il nodo delle sanzioni per chi non rispetta le regole.
TRE MESI PER CHIUDERE -La bozza oggetto di confronto prevede novanta giorni per evitare, o comunque ridurre al minimo i licenziamenti quando una grande azienda, non in crisi, decide di chiudere. Si delinea una procedura in tre step, coinvolgendo sindacati ed enti locali: l'azienda che vuole andarsene deve comunicarlo tre mesi prima, entro 60 giorni deve presentare un piano che punti, tra l'altro, a una "gestione non traumatica dei possibili esuberi". Il piano va discusso nei successivi 30 giorni. Previste sanzioni per chi è inadempiente, ma restano ancora da definire.
Nel dettaglio il testo, che dovrebbe essere oggetto nei prossimi giorni di ulteriori riunioni tecniche e politiche, introduce l'obbligo per le imprese che impiegano più di 250 dipendenti e vogliono chiudere e avviare licenziamenti collettivi di almeno 50 dipendenti a darne comunicazione "scritta" a sindacati, Regioni interessate, ministero del Lavoro e Anpal "almeno 90 giorni prima" dell'avvio della procedura. Nella comunicazione andranno indicati "le ragioni economiche, finanziarie, tecniche e organizzative della chiusura". Si prevede anche che in mancanza di queste comunicazioni i licenziamenti siano "nulli", così come quelli eventualmente fatti scattare durante la procedura.
Il datore di lavoro deve poi elaborare un piano che duri al massimo "12 mesi" per "limitare le ricadute occupazionali ed economiche" della chiusura che indichi le azioni per la salvaguardia dei livelli occupazionali, compreso il ricorso agli ammortizzatori sociali (per questi lavoratori si prevede il ricorso alla Cig straordinaria), ma anche le azioni "finalizzate alla rioccupazione o all'autoimpiego" e le "prospettive di cessione" dell'azienda che garantisca la "continuazione dell'attività" o gli eventuali progetti di "riconversione del sito produttivo. Una volta sottoscritto il piano dalle parti, scatta il piano alla fine del quale l'impresa può avviare le procedure di licenziamento. I lavoratori coinvolti potranno accedere il piano Gol delle politiche attive.
Per chi non presenta il piano, se non si raggiunge un accordo, o non vengono rispetta le scadenze, le nuove norme dovrebbero prevedere un "contributo" maggiorato, come già previsto per legge a chi se ne va senza accordo, ma l'entità della sanzione ancora non è stata stabilita. Si introdurrebbero accanto alle sanzioni anche alcune agevolazioni per le aziende virtuose, dallo sconto sulle tasse per il trasferimento dei beni strumentali in caso di cessione di attività che mantenga l'attività e i posti di lavoro, e una corsia preferenziale per ottenere gli incentivi del Mise per quelle aziende che assumano lavoratori coinvolti in procedure di delocalizzazione.
LE CRITICHE DELLA CGIL - Questo pregetto non soddisfa la Cgil. "Non è che c'è il bon ton secondo cui se mi licenzi via mail non va più bene ma se lo dici venti prima con gentilezza allora vale il licenziamento", dice ìl segretario Maurizio Landini chiudendo la porta a ipotesi di modalità guidate di licenziamenti e chiusure previsti dal dl delocalizzazioni allo studio del governo. "Serve cambiare davvero" aggiunge Landini sottolineando come sul tema l'esecutivo "non ha chiamato ancora i sindacati".
IL MINISTERO DELLO SVILUPPO - Serve "un percorso ordinato che offra alternative a chiusure o delocalizzazioni", afferma la viceministra 5S dello Sviluppo economico Alessandra Todde, intervistata da La Stampa. Todde è al lavoro, insieme al ministro del Lavoro Andrea Orlando, al decreto anti-delocalizzazioni. "È importante che il testo arrivi in Consiglio dei ministri il prima possibile", perché "il momento è maturo". Confindustria ha definito il decreto "anti-impresa", ma per la viceministra "non è una norma che vuole incatenare". Todde sottolinea che quando una multinazionale decide di chiudere, il rischio è la crisi di tutte le pmi di quel territorio. "Ed esse sono parte dell'ossatura di Confindustria", ricorda. Quanto allo sciopero generale, per Todde lo sciopero dei sindacati "è un diritto ed esprime una posizione, ma non si traduce necessariamente in una rottura". Resta "fondamentale" il dialogo: "Noi dobbiamo ascoltare i sindacati e loro devono essere meno rigidi".
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