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Responsabilità editoriale di Advisor
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Parlando di "engagement" abbiamo più volte sottolineato il suo valore "inclusivo e propositivo": chi crede nella (e applica la) finanza sostenibile non è mai ostile. Anzi. Segue un percorso che ha come obiettivo quello di stimolare le aziende quotate a raggiungere obiettivi che abbiano un impatto sociale e ambientale concreto. Fin qui la teoria. Ma nella pratica, tutto ciò come si traduce? La risposta arriva dall’analisi di due settori che per definizione potrebbero essere considerati poco “sostenibili”, ma che grazie ad una adeguata attività di engagement da parte degli investitori responsabili possono diventare una fonte di rendimento.
Stiamo parlando dell’industria dell'Oil&Gas. È più nobile per l’attività umana subire i colpi del cambiamento climatico o prendere le armi contro i fenomeni che lo provocano, opporsi a loro e sconfiggerli? È questo ormai il grande dubbio amletico che accompagna i policy maker, le grandi aziende e gli stessi investitori quando si parla di cambiamento climatico, o "riscaldamento globale" che dir si voglia. Il punto di partenza per rispondere a questo dubbio è purtroppo un dato poco entusiasmante: il Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC), che raccoglie 1.300 esperti scientifici indipendenti da tutto il mondo sotto l’egida delle Nazioni Unite, è giunto alla conclusione che con una probabilità del 95% sono state proprio le attività umane a "riscaldare" il pianeta negli ultimi 50 anni. E sul banco degli imputati sono finiti la deforestazione, i trasporti, lo sfruttamento del suolo e l’uso dei combustibili fossili. Insomma l’uomo stesso che oggi si trova ad affrontare il dilemma citato in partenza è la causa stessa di quel dilemma e questo forse è il dato più importante.
Perché in quanto causa del suo “male” può ora correggere il tiro. Come? La risposta arriva dall’analisi del settore Oil&Gas. Concentriamoci sui combustibili fossili. Il non plus ultra, ovviamente, sarebbe a questo punto lasciarsi alle spalle tali fonti di energia e intraprendere in maniera decisa la strada delle rinnovabili: quindi idrico, eolico e solare. Ma bisogna essere realistici: i politici hanno visioni e interessi anche molto divergenti sul punto (gli Stati Uniti, sotto la presidenza di Donald Trump, sono addirittura usciti dall’accordo di Parigi del 2015, che si era concluso con l’impegno a mantenere l’aumento della temperatura terrestre entro i 2 gradi centigradi rispetto all’epoca preindustriale); gli attori economici - famiglie, imprese e pubbliche amministrazioni - hanno bisogno di elettricità, carburante e riscaldamento oggi, e le fonti che possono garantirli con certezza al momento sono appunto quelle fossili; le compagnie energetiche si muovono dentro questa situazione, che le porta a rinviare il disinvestimento da petrolio e gas.
"Tuttavia, la transizione verso un mondo a basse emissioni presto o tardi dovrà avvenire. E un ruolo decisivo possono giocarlo gli investitori come noi, con attività di engagement mirate" spiega ad AP Advisor PrivateSimona Merzagora, managing director di NN Investment Partners. Come? "Incoraggiando le società in cui NN IP investe a essere trasparenti riguardo alle loro attività di business e ai rischi legati ai cambiamenti climatici" afferma Merzagora ricordando i risultati di un’analisi effettuata dalla società che ha portato alla luce il fatto che 40 delle 49 aziende Oil&Gas analizzate rilasciano un rapporto annuale sul clima o sulla sostenibilità, ma con diversi gradi di trasparenza: i colossi europei sono risultati molto più trasparenti rispetto ai loro colleghi americani, mentre nei mercati emergenti le compagnie in esame hanno mostrato una certa riluttanza a pubblicare i dettagli (quando esistenti).
Dati alla mano è emerso che i rischi climatici incombono su tutte le categorie di aziende analizzate in modi diversi, ma questi possono essere superati attraverso due approcci: una gestione differente dell’efficienza energetica, un intervento significativo sulle emissioni, con l’obiettivo di ridurle. Un ruolo nell’accelerare la transizione potrebbero averlo la tecnologia, la regolamentazione e le scelte di consumo (per esempio, un crescente orientamento degli acquisti verso le auto elettriche). "Mentre il mondo assiste a timidi ma incoraggianti sviluppi su tutti questi fronti, auspicando soprattutto un calo sempre più incisivo della dipendenza di famiglie, imprese e pubbliche amministrazioni dai combustibili fossili, un investitore come NN IP mira a favorire il mutamento di paradigma attraverso l’attività di engagement" chiosa Merzagora.
L'esperta indica quattro obiettivi di engagement chiari per il settore Oil&Gas: sollecitare, a livello di governance, la trasparenza sul modo in cui i membri dei consigli di amministrazione e i processi di gestione garantiscono la supervisione e il monitoraggio dei rischi legati al cambiamento climatico; incoraggiare le società a spiegare in che modo e con quali strategie sopravviveranno e opereranno in un mondo a basse emissioni di carbonio; insistere affinché vengano pubblicati sempre più report di sostenibilità e sul cambiamento climatico e incoraggiare le aziende a integrare questi documenti nella loro reportistica annuale; sostenere con forza le aziende che a loro volta esercitano un’attività di engagement nei confronti dei policy maker e formulare suggerimenti costruttivi su come le misure politiche potrebbero aiutarle a far fronte ai rischi legati al clima.
Articolo di Francesco D'Arco pubblicato sul numero gennaio/febbraio 2019 di AP Advisor Private
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