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Responsabilità editoriale di Advisor
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La bozza iniziale del budget italiano di ottobre 2018 prevedeva un disavanzo di bilancio al 2,4% nel 2019. Tuttavia, dopo un vivace confronto con la Commissione Europea, è stato concordato un deficit del 2,04%. L'Italia, per ora, è sfuggita alla procedura Europea per disavanzo eccessivo perché il governo italiano ha frenato le tre principali promesse elettorali sottovalutando i costi delle misure previste. Agnieszka Gehringer, senior research analyst del Flossabach von Storch Research Institute analizza tre possibili scenari basandosi sull'evoluzione del bilancio pubblico italiano nel triennio delle proiezioni governative tra il 2019 e il 2021.
Scenario 1: nello scenario “favorevole” diamo per scontato che il governo sia in grado di mantenere gli impegni formali contenuti nell’attuale legge finan- ziaria, ma non di mantenere le promesse elettorali ai sensi del “contratto del governo del cambiamento”. Tuttavia, prendiamo le stime di crescita reale del PIL e dell'inflazione CPI della Commissione Europea dall'inizio di febbraio 2019, riviste al ribasso.
Scenario 2: all’interno dello scenario “governo +”, prendiamo le previsioni di crescita della Commissione Europea dallo scenario “favorevole”, ma supponiamo che i costi per il reddito di cittadinanza e per la riforma delle pensioni siano sottostimati. Facciamo anche la (verosimile) ipotesi che il governo non aumenti l'IVA, con entrate inferiori di 12,5 miliardi di euro sia nel 2020 che nel 2021. Va sottolineato che qui facciamo ipotesi prudenti, in quanto consideriamo solo gli “aggiustamenti” minimi per allineare maggiormente il piano del governo alle promesse elettorali. Di conseguenza, qualsiasi ampliamento a questo minimo significherebbe un rapporto disavanzo/PIL più elevato.
Scenario 3: nello scenario “avverso”, l’economia italiana entrerebbe in recessione nel 2019 (con una crescita nominale del PIL di -1,5%, pari alla metà del valore osservato nel 2009) e tornerebbe a crescere moderatamente in seguito, in linea con le previsioni della Unione Europea. Di conseguenza, sulla base dell’esperienza maturate durante le crisi passate, ipotizziamo che il rapporto spesa/PIL aumenti di tre punti percentuali ogni anno nel periodo 2019- 2021, rispetto al valore rilevato nell’anno precedente la crisi.
Il mero rallentamento della crescita economica attualmente previsto dalla Unione Europea non avrebbe un impatto significativo sull’andamento del rapporto disavanzo/PIL, a condizione che il governo italiano mantenga i risultati promessi alla Commissione Europea. Tuttavia, come precisato in precedenza, si tratta di uno scenario piuttosto improbabile rispetto agli altri due. Se il "governo del cambiamento" rispettasse le sue più importanti promesse elettorali, il rapporto tra disavanzo e PIL raggiungerebbe il 2,38% nel 2019, il 2,89% nel 2020 e il 2,53% nel 2021. Infine, nel caso di un’ipotetica recessione il rapporto disavanzo/PIL salirebbe al 5,28% nel 2019, per poi scendere al 3,09% e al 2,77% nei due anni successivi.
Per riassumere, Roma è riuscita a prendere addirittura tre piccioni con una fava: 1) ha raggiunto un compromesso sul bilancio con Bruxelles, 2) ha negoziato un disavanzo di bilancio già al di sopra del limite compatibile con le regole del Patto di Stabilità e Crescita, e 3) ha incluso nella legge di bilancio tutte le misure promesse, anche se in dosi omeopatiche. La via del minor confronto possibile con Bruxelles aiuta Roma a salvare la faccia prima delle elezioni europee del maggio 2019. Ma dopo le elezioni, il governo italiano potrebbe sfruttare il momento per entrare nella fase successiva della partita del bilancio. L’esperienza finora lo dimostra.
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