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Responsabilità editoriale di Advisor
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L’attenzione verso gli investimenti sostenibili e responsabili (SRI) è ormai generalizzata fra gli investitori istituzionali e retail. Nel retail, inoltre, c'è una fascia di investitori che sembra ancora più sensibile, rispetto alla media, all'integrazione di considerazioni di sostenibilità nel modo in cui investe: viene solitamente indicata come quella dei "millennials". Sono i nati negli anni '80 e '90 del secolo scorso, che oggi hanno tra i 20 e i 35-40 anni.
Un articolo pubblicato dal settimanale The Economist verso fine 2017 li ribattezzava "Generazione SRI", proprio per sottolineare la particolare propensione che questa generazione dimostra verso un approccio sostenibile all'investimento, come pure ad esempio al consumo o alla mobilità, al turismo o all'utilizzo di beni e servizi (con la condivisione, sharing economy, spesso preferita al possesso). Il messaggio che buona parte dei millennials sembra trasmettere è cioè che le decisioni che riguardano la sfera economica e finanziaria non possono essere disgiunte dal proprio sistema valoriale di riferimento, che evidentemente nel prendere forma è stato molto influenzato dai temi della sostenibilità, proprio per questioni generazionali.
Si pensi, ad esempio, alla grande crisi del 2007-08, o all'acuirsi della crisi ambientale e climatica del pianeta, e all'impatto che possono avere avuto su una generazione che proprio in quegli anni stava diventando adulta. Esiste una quantità già piuttosto vasta di studi e ricerche a livello internazionale che sostanzialmente convergono su tale interpretazione. Per citarne alcuni, il Millennial Survey 2016 di Deloitte registrava come fra i millennials quasi nove su dieci (87%) ritengano che il successo di un business dovrebbe essere misurato in termini che vanno al di là della pura performance finanziaria. Secondo un altro studio di Morgan Stanley, i millennials sono interessati agli investimenti SRI in larghissima misura (86%) e sono il doppio più propensi a investire in attività orientate alla responsabilità sociale. Considerazioni analoghe sono espresse anche in una pubblicazione di CFA Institute Research Foundation del 2018.
Un'ulteriore significativa conferma, circa il mercato italiano, è giunta dall'indagine sull'approccio e le abitudini d'investimento degli italiani realizzata per AXA Investment Managers da GFK. In un quadro in cui quasi tre investitori su quattro (il 72%) ritengono che le società con un approccio più attento ai criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) costituiscano un migliore investimento in un'ottica di lungo periodo, l'indagine ha infatti evidenziato come fra i 22-30enni siano decisamente di più (76%) rispetto alla media, già elevata (64%), coloro che esigono prove concrete dell'impatto positivo esercitato dai propri investimenti. Ad esempio, in termini di riduzione delle emissioni di CO2 o di ottimizzazione nell'utilizzo di risorse naturali, come l'acqua.
I millennials sono ovviamente destinati ad assumere un ruolo sempre più decisivo nelle scelte d'investimento. Non solo per motivi anagrafici, ma anche perché stanno già ora iniziando ad essere destinatari, e sempre più lo saranno nei prossimi anni, di un trasferimento di ricchezza probabilmente senza precedenti. Uno studio pubblicato da UBS nell'estate del 2017 indicava come, a livello globale, il patrimonio dei millennials potrebbe passare dai 17 trilioni di dollari del 2015 fino a 24 trilioni di dollari entro il 2020. Entro il 2050, nel solo Nord America ci si attende un trasferimento di ricchezza dalla generazione dei baby boomers a quella dei millennials di circa 30 trilioni di dollari.
È evidente che un mercato in cui i millennials da una parte costituiranno la fetta più numerosa e facoltosa dei potenziali investitori, dall'altra imporranno il loro approccio sostenibile agli investimenti, sarà un mercato radicalmente diverso da quello fin qui sperimentato. Per la finanza in generale e per la finanza sostenibile in particolare.
L'articolo è tratto dalla sezione Tomorrow Augmented di AXA IM Italia.
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