L'economia circolare, quella del
riciclo, in Italia vale oggi 88 miliardi di fatturato, 22
miliardi di valore aggiunto, ovvero l'1,5% del valore aggiunto
nazionale. Numeri che sostanzialmente equivalgono a quelli di
tutto il settore energetico nazionale o di un settore
industriale storico come quello dell'industria tessile, non
molto distante dal valore aggiunto dell'agricoltura. Un settore
che impiega oltre 575mila lavoratori, mostrandosi ogni anno
sempre più competitivo per i giovani in cerca di occupazione e
per i profili professionali più specializzati.
E' questo il dato più rilevante che emerge dalla ricerca:
"L'Economia Circolare in Italia - la filiera del riciclo asse
portante di un'economia senza rifiuti", presentata oggi a Roma e
curata dall'esperto ambientale Duccio Bianchi di Ambiente
Italia, a seguito dei lavori svolti dal Kyoto Club, ong per il
clima costituita da imprese, enti, associazioni e
amministrazioni locali. Lo studio è stato commissionato dal
CONAI (Consorzio nazionale per il riciclo degli imballaggi) con
i Consorzi nazionali del riciclo CIAL (alluminio), COMIECO
(carta), COREPLA (plastica), RICREA (acciaio), e dal Gruppo CAP,
il gestore del servizio idrico di Milano.
In Italia, nel 2017 è stato avviato a riciclo il 67,5% dei
rifiuti di imballaggio, per un totale di 8,8 milioni di
tonnellate, valore in crescita del 3,7% rispetto al 2016.
L'Italia è leader in Europa per il tasso di produttività
nell'uso delle risorse (quanti euro di PIL si producono per ogni
kg di materia consumata), il tasso di circolarità della materia
nell'economia (quante materie seconde impieghiamo sul totale dei
consumi di materia), e per il tasso di riciclo dei rifiuti
(quanti rifiuti, urbani e non urbani, inclusi l'import ed
export, avviamo a riciclo internamente).
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