Solo 3 imprese individuali su 5
sopravvivono a cinque anni dalla nascita. Una chiusura su 2
avviene nei primi due anni di vita ed appena il 5% di chi "non
ce la fa" si rimette in gioco rialzando le saracinesche. E'
quanto emerge dalla fotografia messa a fuoco da Unioncamere e
InfoCamere sull'universo di 235.985 imprese individuali nate nel
2014 delle quali 88.184 sono cessate entro il 30 giugno 2018 e,
di queste, 48.377 entro il 2015. Ma sono molte le iniziative
imprenditoriali che non superano il primo anno di età, solo nel
2014 sono nate e morte 20.538 imprese.
La selezione 'darwiniana', come la definisce Unioncamere è più
forte nei settori del turismo (il 43,5% chiude entro il primo
lustro), dei servizi alla persona (40,1%) e dell'assicurazione e
credito (39,6%).
Tra le diverse regioni le imprese più resilienti sono quelle
lucane (solo il 30,5% non supera il primo quinquennio), seguite
dalle sarde (30,7%) e dalle trentine (31,3%). L'emorragia è più
forte, invece, tra i titolari dell'Emilia Romagna (40%), Toscana
(39,9%) e Piemonte(39,5%). Al Sud e nelle Isole si registra in
media una percentuale inferiore di chiusure, forse perché qui
più che altrove la via dell'impresa e del lavoro autonomo
rappresenta spesso la sola prospettiva di sbocco occupazionale e
di reddito a cui ci si aggrappa nonostante le difficoltà. Nel
Mezzogiorno, infatti, chi chiude quasi mai si rimette in
proprio.
Viceversa, secondo il rapporto Unioncamere, nelle regioni del
Centro-Nord emerge una maggiore propensione a ritentare la carta
dell'imprenditorialità, i più audaci sono i titolari della Valle
D'Aosta (9,8%), Lombardia (8,2%) e Veneto (7,1%).
Dall'analisi delle business community straniere la mortalità più
elevata si registra tra le imprese con un titolare cinese (il
47,7% ha chiuso l'attività entro i primi cinque anni). Seguono
le realtà a guida indiana (44,1%) e rumena (42,3%). Ma se sono
in molti a scoraggiarsi e a rinunciare al sogno di mettersi in
proprio, ancora una volta i titolari cinesi si smarcano dagli
altri rimettendosi in gioco nel 15% dei casi (contro il 5% delle
media). Più audaci di loro sono solo i pakistani che oltre ad
essere tra i più resistenti (29,5% chiudono i battenti entro
cinque anni contro la media di 37,4%) sono anche i più disposti
a mettersi nuovamente alla prova (il 18,8% riapre i battenti).
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