"Come spesso accade, oggi la prima
pagina del Sole 24 Ore offre una rilevazione impietosa sugli
strumenti di politica fiscale scelti dal Governo Meloni. Ne
risulta che secondo il 90% dei commercialisti, quelli che
operano sul campo, lo strumento del concordato preventivo
fiscale non risulta per niente appetibile per le imprese seguite
dai loro studi. E pensare che si tratta del fiore all'occhiello
della riforma fiscale targata Meloni, quello che peraltro
dovrebbe produrre buona parte delle risorse per finanziare la
conferma del taglio del cuneo fiscale e l'Irpef a tre aliquote.
Ma se ad oggi professionisti e imprese preannunciano la debacle
del concordato, come saranno reperiti i 15 miliardi che servono
a coprire gli sgravi? E come verranno reperiti da un Governo
impegnato a garantire all'Ue tagli o nuove tasse per 12-13
miliardi l'anno, in conseguenza del nuovo, folle Patto di
stabilità? Per non parlare del percorso normativo a dir poco
schizofrenico che il ministero dell'economia ha intrapreso sul
concordato fiscale: doveva segnare l'addio agli Isa (indici
sintetici di affidabilità), invece li ha rafforzati; doveva
prevedere un contraddittorio semplificato, che invece è andato a
farsi benedire; doveva tenere fuori le partite Iva inaffidabili
secondo gli Isa, invece alla fine le ha coinvolte. Insomma, idee
completamente confuse da parte del Governo, per uno strumento
che adesso mostra tutte le sue falle". Lo comunica in una nota
il senatore Mario Turco, vicepresidente del M5S e coordinatore
del Comitato pentastellato su economia, lavoro, imprese.
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