Da parte del commercialista
Claudio Mengoli, condannato a tre anni e sette mesi in
abbreviato, si è assistito ad una "sistematica spoliazione delle
società per le quali ha disimpegnato le proprie funzioni
commissariali". Lo scrive il Gup Alberto Ziroldi, in un
passaggio delle dieci pagine di motivazioni della sentenza
emessa il 19 giugno per il professionista, accusato di svuotare
le casse delle cooperative di cui era stato nominato liquidatore
dal Mise e di aprire conti correnti su cui far transitare i
soldi, che poi finivano nelle sue tasche, per circa 1,8 milioni.
Mengoli ne rispondeva in concorso con la moglie Samanta Bonazzi,
che ha invece patteggiato due anni di reclusione.
Mengoli, che rispondeva di peculato, appropriazione indebita,
autoriciclaggio e ricettazione di un Rolex, ha ammesso gli
addebiti, spiegando di aver agito "per soddisfare le esigenze
familiari e soprattutto per supportare l'attività di
compravendita di beni di lusso, in particolare orologi,
intrapresa dalla moglie, che nel tempo si era rivelata sempre
più difficile da gestire". Il giudice, pur a fronte della
gravità del danno provocato e della violazione dei doveri
deontologici, ha tenuto conto di questa messa a disposizione,
concedendo all'imputato, difeso dall'avvocato Bruno Guazzaloca,
le attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulle aggravanti.
L'avvocato Domenico Morace che assiste i tre soci della coop
Evoluzione Welfare come parte civile, aveva detto: "È vergognoso
che il Mise sia totalmente assente dopo aver mal gestito le
liquidazioni delle cooperative di 'mafia capitale'".
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