Haidar al Abadi, esponente della
componente sciita irachena, è stato incaricato dal presidente
Fuad Masum di formare il nuovo governo in Iraq.
Nato a Baghdad nel 1952, una laurea in ingegneria elettronica
consegue un PhD all'Università di Manchester, nel Regno Unito,
dove vive per diversi anni. La sua famiglia è infatti nel mirino
del regime Baatista di Saddam Hussein che giustizia due suoi
fratelli e ne incarcera un terzo.
Politico di lungo corso e esponente di spicco del partito
sciita Al Dawa, lo stesso del premier uscente Nouri Al Maliki,
di cui entra a fare parte alla fine degli anni '60, Al Abadi
ricopre numerosi incarichi al vertice dello Stato.
Fino a oggi vicepresidente del Parlamento iracheno dove siede
come deputato dal 2005, è stato portavoce del partito Dawa,
mentre tra il 2005 e il 2006 ricopre il ruolo chiave di
consigliere politico dell'ex primo ministro Ibrahim Jaafari.
Nel nuovo Iraq del dopo Saddam, entra a fare parte della Cpa
(l'Autorità Provvisoria della Coalizione) e nel settembre 2003,
viene designato ministro delle Comunicazioni (fino al 2004).
Al Abadi ha davanti a sé sfide enormi: ricacciare indietro i
jihadisti dello Stato Islamico (Isis); gestire la gigantesca
crisi umanitaria in atto e impedire che l'Iraq si disintegri.
La sua posizione in merito all'intervento militare straniero
era già nota. Parlando all'Huffington Post lo scorso mese di
giugno, Al Abadi aveva detto agli americani: "bombardate l'Isis
o chiederemo all'Iran di farlo''. Un'intervista che aveva
provocato non poche polemiche e con cui invocava un intervento
armato statunitense. C'è poi da chiedersi in che modo il
neopremier sciita gestirà il rapporto con la regione autonoma
del Kurdistan - cruciale in particolare per le sue ricche
risorse petrolifere - con cui in passato era stato molto duro
proprio in tema di oro nero. Lo scorso anno, mentre era a capo
della Commissione Tesoro del Parlamento, aveva infatti
denunciato gli accordi fra Kurdistan iracheno e la Turchia
sull'export di petrolio che avrebbero di fatto lasciato fuori
Baghdad. Un accordo, aveva detto, "contrario alla Costituzione
irachena e che avrebbe potuto far crollare l'economia irachena e
disintegrare il Paese".
Malgrado le enormi divisioni esistenti nel Paese Al Abadi
sembra essere conciliante auspicando che l'Iraq "non cada nel
baratro di una guerra settaria". Gli sciiti, aveva detto, "non
sono contro i sunniti e i sunniti non sono contro gli sciiti".
Ora gli iracheni sono nelle sue mani, come ha detto nella breve
cerimonia di investitura, il presidente curdo Masum.
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