(di Matteo Alviti)
L'aveva detto, a una sua ex ragazza: "Un giorno tutti conosceranno il mio nome". Andreas Lubitz, il copilota che ha precipitato nella morte 149 vittime innocenti, era ossessionato dalla fine del suo sogno di bambino.
Un'ossessione che lo ha logorato, scavato dall'interno, lasciando un buco che nemmeno i medicinali e le cure di neurologi e psichiatri, tenute nascoste al suo datore di lavoro, hanno potuto riempire. Probabilmente avrebbe perso il lavoro in cabina di pilotaggio a breve: le sue condizioni di salute stavano diventando inconciliabili con il ruolo e l'imminente verifica dell'idoneità al volo, a giugno, potrebbe aver contribuito a far precipitare le cose. Così, sembra sempre più evidente, ha provato a fermare il tempo in un gesto folle.
Era arrabbiato con il sistema, Lubitz: "Troppo poco denaro, paura per il contratto, troppa pressione", racconta la sua ex fidanzata 26enne intervistata dal tabloid Bild. Secondo lei ha fatto quel che ha fatto "perché si è reso conto che a causa dei suoi problemi di salute il suo grande sogno di lavorare per Lufthansa, di un lavoro come capitano e come pilota di voli a lungo raggio sarebbe stato praticamente impossibile". Secondo il New York Times e altri media tedeschi, Lubitz si era sottoposto a un trattamento perché aveva anche un problema agli occhi, forse legato alle sue condizioni psicologiche, forse di natura psicosomatica.
A sentire la sua ex, il 27enne non era affatto un mostro.
Privatamente, anzi, emerge l'immagine di un uomo gentile: "Durante i voli era una persona carina e aperta. Privatamente era molto tenero, un uomo che aveva bisogno d'amore. Era una brava persona, in grado di essere tanto dolce. Mi regalava fiori", racconta sotto anonimato la ragazza. Poi il quadro cambia: "Abbiamo parlato sempre molto anche di lavoro e in quei frangenti era un'altra persona. Si arrabbiava per le condizioni in cui dovevamo lavorare. Troppo poco denaro, paura per il contratto, troppa pressione". Secondo la giovane, Lubitz aveva in mente per questo un gesto eclatante: "Da quando ho sentito del disastro mi torna sempre in mente una frase che ha detto.
'Un giorno farò qualcosa che cambierà l'intero sistema e tutti allora conosceranno il mio nome e se lo ricorderanno'. Non ho mai capito cosa intendesse, ma ora ha un senso...". "Mi sono separata da lui perché diventava sempre più chiaro che aveva dei problemi. Nelle conversazioni a un certo punto perdeva il controllo e mi urlava contro. Avevo paura. Una volta si è persino chiuso in bagno per un lungo periodo". "Una notte si è svegliato e urlava 'Precipitiamo': aveva avuto un incubo. Ma poteva nascondere bene agli altri quel che gli stava accadendo".
Durante le perquisizioni nelle abitazioni a disposizione di Lubitz, a Dusseldorf e Montabaur, è stata trovata una grande quantità di medicinali per il trattamento di una "malattia psicosomatica". Il copilota soffriva di una "forte sindrome da stress soggettiva" ed era gravemente depresso, hanno rivelato al Welt am Sonntag fonti della polizia: "Emerge dalle sue note personali, che il pilota ha raccolto e messo da parte". Non sono invece state trovate prove di dipendenza da droghe o alcol, ma "il 27enne è stato curato da diversi neurologi e psichiatri".
Ma se l'inchiesta tedesca punta ormai dritta sulla totale responsabilità del copilota, gli inquirenti francesi insinuano qualche dubbio: la "personalità" di Lubitz e i suoi problemi psicologici sono "una pista seria, ma non la sola", ha detto sibillino a i-Telé il generale di gendarmeria Jean-Pierre Michel.
Di sicuro c'è che la tragedia del volo 4U9525 ha iniziato a far vacillare alcune certezze in Germania, compresa quella della sicurezza tedesca, scrive il settimanale Der Spiegel. "Finisce un'illusione. Quella che noi siamo più sicuri degli altri finché ci affidiamo a quel che ci fa tedeschi. E' una hybris (un sentimento di superbia) che è durata a lungo". Per il settimanale di Amburgo, "ora manca l'illusione che ai passeggeri di Lufthansa non possa accadere nulla. E' la cesura rappresentata da questa catastrofe".
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