Le colleghe la chiamano affettuosamente 'Rambo', perchè ha coraggio da vendere e non arretra dinanzi a nessuna difficoltà. Ma lei si schernisce: "è solo il frutto dell'esperienza di anni sul campo, quando mi trovo in situazioni critiche mi guardo intorno e cerco di capire come operare".
Mariangela Zarini è un'infermiera volontaria della Croce Rossa Italiana, inviata insieme ad altre tre colleghe in Nepal, un mese fa, in seguito alle devastanti scosse di terremoto che hanno colpito il Paese a partire dal 25 aprile 2015. Le quattro crocerossine, specializzate nelle emergenze, sono ancora lì, a prestare la loro opera medica - una di loro è ginecologa - e infermieristica. Lavorano 24 ore su 24 nell'ospedale allestito dalla Protezione civile italiana a Bidur, dormono per terra come i loro pazienti. Poca acqua, poco tutto. Le scosse, benchè ormai lievi, continuano e c'è pure il meteo che non aiuta, con i monsoni che rendono tutto più difficile, anche creare un riparo di tende.
Viceispettrice regionale della Cri nella sua Lombardia, docente universitaria di infermieristica, esperienza in vari Paesi tra i quali Iraq, Gambia e Kenya, Mariangela ora dirige l'ospedale da campo di Bidur, nel distretto del Nuwakot. Le quattro crocerossine sono partite dall'Italia il 6 maggio e nei primi giorni della loro missione hanno operato nel campo allestito dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa a Kathmandu, per poi essere trasferite a Bidur.
In tutto questo periodo, le volontarie si sono dedicate senza tregua a curare, cucire ferite, rimettere a posto arti fratturati, consolare i traumatizzati, ma anche a far nascere bambini. Tanti quelli che hanno visto la luce nell'ospedale da campo: più di 150 in un mese, e il trend continua con una media di 5-7 nascite al giorno. Un bel risultato, considerato che la "sala parto" dell'ospedale da campo non ha incubatrici e il tetto è poggiato su muri che si sono spostati a causa del sisma, facendo della struttura un 'castello di carte' pronto a cadere alla minima scossa.
Cosa spinge quattro donne con famiglie e affetti in Italia a partire per situazioni così rischiose e difficili? "Ognuna di noi ha un suo motivo personale per questo tipo di scelta - risponde Mariangela - per me è quello di aiutare le persone in posti dove pochi sarebbero in grado di operare. Il disagio e l'imprevisto possono spaventare: io so affrontare tutto questo e la Cri mi permette di farlo. Ho fatto tante missioni nella mia vita, questa è diversa: strana, intensa, piena di imprevisti".
Ma non sono mancate le soddisfazioni: il ministro nepalese della salute, che "ha apprezzato il nostro operato e ci ha ringraziate", non vuole più far andar via queste quattro donne italiane, che invece tra un po' dovranno tornare a casa. 'Rambo' Mariangela non si ferma dinanzi a nulla. E' capace perfino di aggiustare un generatore di corrente. Un giorno, quando un serpente di tre metri e mezzo si è infilato nell'ospedale da campo scivolando tra le pazienti stese per terra, la crocerossina - invece di dare l'allarme che avrebbe creato il panico - ha prontamente afferrato un 'albero' della flebo, ha staccato la bottiglia e ha bloccato la testa del serpente fino a quando non è intervenuta la gente del posto che ha ucciso l'animale. Lei è fatta così, raccontano le altre, sangue freddo e prontezza di riflessi: ha imparato in Iraq, dove dovevano difendersi dagli scorpioni e dai topi del deserto.
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