Scherzando, il segretario di Stato Usa John Kerry ha affermato che oggi è un giorno personalmente "storico" anche per lui, perché dopo l'incidente in bici in cui il 31 maggio si è fratturato il femore, è la prima volta che riesce ad indossare un paio di scarpe. Ma in realtà, al di là degli scherzi, con la sua firma sull'accordo sul nucleare iraniano Kerry entra davvero nella storia, e si prende anche una rivincita su coloro che nelle ultime settimane lo hanno criticato e attaccato aspramente.
"Credetemi, se avessimo voluto raggiungere un accordo a ribasso avremmo finito questo negoziato da molto tempo", ha detto ai giornalisti dopo la firma e dopo l'ultima sessione maratona andata avanti ininterrottamente per 18 giorni.
Un'implicita risposta a quanti avevano affermato apertamente - come il senatore repubblicano John McCain e altri membri del suo partito - che Kerry voleva "disperatamente" un accordo che segnasse la sua eredità al temine della sua trentennale carriera politica. Una carriera, hanno affermato altri, come ha riferito tempo fa anche Politico, in cui come senatore Kerry ha proposto poche leggi importanti, ha vinto la nomination democratica nel 2004 ma ha perso le elezioni e come segretario di Stato ha visto frustrati i suoi sforzi per contenere le mire russe in Ucraina e per far avanzare il processo di pace israelo-palestinese. Ma c'è anche chi al contrario gli rende merito di aver lavorato all'accordo con Teheran ben prima di essere chiamato dal presidente Obama alla guida della diplomazia Usa. Come capo della Commissione Esteri del Senato, fu infatti lui a volare in segreto a Mascate nel 2011 per chiedere al sultano dell'Oman di facilitare l'avvio di colloqui tra Usa e Iran, iniziati poi formalmente quasi due anni fa. Uno sforzo che ora spinge molti a pensare ad una sua possibile candidatura al premio Nobel per la Pace, assieme al ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif.
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