Due attentati terroristici spaventosi sul territorio francese, prove evidenti di mancanze, di inadeguatezze, di segnali chiari eppure non seguiti. Troppo per non puntare il dito contro l'antiterrorismo francese. Oggi alza la voce Le Monde, che attacca: "Il modello antiterrorista francese è malridotto".
Secondo quanto ricostruito in queste ore, mentre la Francia, l'8 ottobre bombardava il campo di addestramento di Raqqa, in patria il ministero della Giustizia "indicava in particolare, in un documento interno, Abdelhamid Abaaoud, ispiratore degli attacchi di novembre, e scendeva nei dettagli di uno dei suoi obiettivi: 'una sala da spettacoli'". La Francia aveva dunque in mano elementi sufficienti ma non è stata in grado di analizzarli e intercettare il commando. Secondo una fonte governativa di alto livello, citata dal prestigioso quotidiano francese, "il problema risiede nella massa di informazioni da trattare e dal numero di persone da sorvegliare". Secondo gli ultimi conteggi, ci sono 11.700 nomi di persone da tenere d'occhio per i loro legami con la Siria. Il ministro Bernard Cazeneuve ha parlato recentemente di una cerchia ristretta, uno "zoccolo duro" di persone particolarmente sospette, duemila circa.
Non si tratterebbe però di errori. Il problema, secondo le fonti, è "inerente al sistema e imputabile a regole di diritto che vietano, in particolare, la raccolta massiccia di dati in modo continuo così da essere in grado di seguire in modo permanente queste 11.700 persone".
La lezione dell'11 settembre 2001 insomma non è stata seguita dalla Francia e da altri Paesi europei, dunque la scelta degli Stati Uniti di proteggersi con il Patriot Act - che consente fra l'altro di tracciare in modo capillare gli spostamenti e le frequentazioni delle persone - non è stata imitata. E forse alla Francia, un paese dove la burocrazia fa premio spesso sulla flessibilità del funzionamento amministrativo, servirebbe proprio quello. Il fatto di aver lasciato andare il super ricercato Abdeslam Salah 12 ore dopo gli attentati dopo aver verificato i suoi documenti su un'autostrada francese (secondo fonti dell'ANSA i gendarmi in questione chiesero anche autorizzazione ai loro capi a Parigi), è un errore. Ma fa parte della lentezza dei tempi di reazione, che a sua volta è inevitabile con il sistema in vigore. Tutti hanno ricordato, peraltro, che senza un sistema di informazione europeo integrato, non si andrà lontano. E Le Monde, oggi molto severo con il governo di Parigi, ricorda che fu "Matteo Renzi, il 9 gennaio, a puntare il dito contro questa falla, chiamando tutti alla creazione di un'agenzia europea di informazione". "I suoi partner - continua il quotidiano - fra cui la Francia - non hanno voluto".
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