Da Selvino al sud di Israele: dai monti bergamaschi al kibbutz di Zeelim, nel deserto del Negev. Sono i 'Bambini ebrei' di Sciesopoli, la Colonia ebraica che divenne il "il più importante orfanotrofio in Italia, uno dei maggior in Europa" e che fino al 1948 ospitò circa 800 piccoli orfani ebrei scampati alla Shoah. Oggi la storia di quei piccoli è stata ricordata a Zeelim dove arrivarono nel 1948 dopo essere stati ospitati per tre anni a Selvino. Una storia che comincia con un ex scuola dell'elite fascista, inaugurata nel 1933 nel comune lombardo arrampicato sull' altipiano sovrastante la val Seriana. Sede del gruppo squadrista Sciesa (dal nome del patriota del Risorgimento) per oltre 10 anni, con l'attivo sostegno di Benito Mussolini e l'appoggio dei ras del regime, Sciesopoli era stato un centro di raduni, addestramento militare, manifestazioni, colonie dei balilla, dedicato a "due martiri della Rivoluzione".
La costruzione era, ed è, così imponente da poter essere vista dalle valli vicine: al suo interno campi da gioco, piscina, refettorio, sale di lettura, ampie camerate per quello che era considerato un fiore all'occhiello dell'educazione fascista. Nel 1945 il suo destino cambiò in meglio: requisito dalle forze della Resistenza: in larga parte romeni, polacchi, ungheresi,diventò un rifugio per i bambini ebrei che non avevano più nessuno al mondo ad occuparsi di loro, tranne le forze partigiane e le organizzazioni ebraiche che li avevano salvati in tutta Europa. Luigi Gorini, scienziato e partigiano, lo scelse grazie alle sue caratteristiche per ridare vita a quei piccoli sfuggiti alla Shoah. A dirigerlo fu indicato un giovane tenente dell'esercito, Moshe Zeiri che insegnò ai sopravvissuti tutto da capo e a prepararsi per il nuovo stato ebraico. Da 70 anni, ogni anno i Bambini di Sciesopoli si incontrano, anche se sono sempre di meno: questa volta l'appuntamento è avvenuto a Zeelim. Alcuni di loro parlano ancora italiano, lingua appresa a Selvino, come Noga Donath che allora era tra le più grandi e faceva da mamma agli altri. I suoi genitori erano finiti a Bergen Belsen ed erano stati i contadini delle campagne lombarde, una volta fuggita da Milano, a salvarle la vita. Poi andò a Selvino e da lì in Israele. Tra quei bambini ce ne era anche uno che, in Israele, sarebbe diventato tra i più grandi compositori del paese: Jacob Hollander, morto a 82 pochi mesi fa. "Orgoglio italiano per una storia - ha detto alla cerimonia di ricordo a Zeelim l'ambasciatore italiano Francesco Maria Talò - che ci porta a un periodo in cui, come adesso, il Mediterraneo era solcato da navi stracariche di persone alla ricerca di un futuro radicalmente diverso. Storie certamente molto differenti quelle del flusso migratorio dal sud al nord di oggi rispetto ai viaggi di allora di migliaia di ebrei superstiti all'annientamento da parte dei nazisti spesso nella complicità dei vicini di casa. Ma gli italiani dei piccoli centri allora, come oggi spesso senza conoscere bene le cause dei drammi che si trovano ad incrociare, spontaneamente per un istintivo senso di umanità accolgono". "Oggi - ha sottolineato nell'incontro il vicesindaco di Selvino Paolo Carrara - rinnoviamo il gemellaggio fatto nel '96 con Zeelim e poniamo anche le basi di un progetto più ampio per coinvolgere le scuole". E l'impegno - ha aggiunto Carrara - è quello di far rivivere Sciesopoli, dichiarato dal ministero dei beni culturali "bene protetto" ma oggi in completo abbandono. "E' un dovere - ha osservato - per la conoscenza e la memoria di tutti noi".
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