Riguardo al caso di Giulio Regeni "sono preoccupato: dalla Santa Sede mi sono mosso su questo tema, perché anche i genitori me lo hanno chiesto". Così papa Francesco, durante il volo dall'Egitto, ha risposto alla domanda dei giornalisti se della vicenda avesse parlato col presidente Al-Sisi. "La Santa Sede si è mossa - ha detto -, non dirò come e dove, ma ci siamo mossi". Del colloquio con Al-Sisi ha invece detto che "era privato, e per rispetto si deve mantenere la riservatezza. E' riservato".
Sul viaggio di ritorno Francesco ha parlato anche di migranti e questioni internazionali.
"Non è stato un 'lapsus linguae' - ha puntualizzato Bergoglio - Ci sono campi di rifugiati che sono veri campi di concentramento. Qualcuno forse in Italia, e in altre parti. In Germania no". Così ha risposto a una domanda sul suo paragone tra i campi rifugiati e i campi di concentramento, che ha molto fatto discutere anche in Germania. "Si pensi alla gente chiusa in un campo, che non può uscire - ha detto -. Sono chiusi dentro". "Il solo fatto di essere chiusi senza fare niente è come un lager. Ma niente a che vedere con la Germania".
I leader che hanno responsabilità in tema di possibili conflitti - ha detto Francesco - "io li chiamo e li chiamerò, come ho chiamato altri, a un lavoro per risolvere i problemi sulla strada della diplomazia"."Fermiamoci, cerchiamo una soluzione diplomatica - ha aggiunto - E penso che le Nazioni Unite abbiano il dovere di riprendere una leadership, che si è annacquata".
Francesco ha concluso oggi la sua visita in Egitto dedicandosi interamente, sempre al Cairo, all'aspetto pastorale, con l'abbraccio della piccola ma vivace comunità copto cattolica.
"Per Dio è meglio non credere che essere un falso credente, un ipocrita!". Così papa Francesco durante la messa al Cairo, nell'Air Defense Stadium. "Non serve riempire i luoghi di culto se i nostri cuori sono svuotati del timore di Dio e della sua presenza - ha affermato -, non serve pregare se la nostra preghiera rivolta a Dio non si trasforma in amore rivolto al fratello, non serve tanta religiosità se non è animata da tanta fede e da tanta carità; non serve curare l'apparenza, perché Dio guarda l'anima e il cuore e detesta l'ipocrisia". "Dio gradisce solo la fede professata con la vita, perché l'unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità! Qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a Lui!", ha esclamato il Papa.
Dopo il pranzo alla Nunziatura apostolica del Cairo con i 15 vescovi copto cattolici, papa Francesco si è trasferito in auto al Seminario patriarcale Al-Maadi, nella periferia sud della capitale egiziana, dove incontra il clero, i religiosi, le religiose e i seminaristi, ultimo appuntamento di questa sua visita di due giorni in Egitto.
I sacerdoti e i religiosi non devono cedere "alle tentazioni che incontra ogni giorno sulla sua strada", come quelle "di lasciarsi trascinare e non guidare", di "lamentarsi continuamente", del "pettegolezzo e dell'invidia", del "paragonarsi con gli altri", dell' "individualismo", del "camminare senza bussola e senza meta", e anche a quella del "faraonismo", cioè "dell'indurire il cuore e del chiuderlo al Signore e ai fratelli": "è la tentazione di sentirsi al di sopra degli altri e quindi di sottometterli a sé per vanagloria, di farsi servire invece di servire". E' quanto ha detto papa Francesco al clero copto cattolico, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi, durante l'incontro al Seminario patriarcale Al-Maadi, al Cairo. Secondo il Papa, "il Buon pastore ha il dovere di guidare il gregge", e "non può farsi trascinare dalla delusione e dal pessimismo". Inoltre, "è facile accusar sempre gli altri, per le mancanze dei superiori, per le condizioni ecclesiastiche o sociali, per le scarse possibilità", ma il consacrato è colui che "trasforma ogni ostacolo in opportunità, e non ogni difficoltà in scusa!". Francesco ha puntato il dito anche contro il "pericolo serio" del consacrato che "invece di aiutare i piccoli a crescere e a gioire per i successi dei fratelli e delle sorelle, si lascia dominare dall'invidia e diventa uno che ferisce gli altri col pettegolezzo": "l'invidia - ha detto - è un cancro che rovina qualsiasi corpo in poco tempo", e "il pettegolezzo ne è il mezzo e l'arma". Per il Papa, poi, "paragonarsi con coloro che stanno meglio ci porta spesso a cadere nel rancore", mentre "paragonarsi con coloro che stanno peggio ci porta spesso a cadere nella superbia e nella pigrizia": "chi tende a paragonarsi sempre con gli altri finisce per paralizzarsi". Per quanto riguarda l'"individualismo", ha sottolineato, "è la tentazione degli egoisti che, strada facendo, perdono la meta e invece di pensare agli altri pensano a sé stessi, non provandone alcuna vergogna, anzi, giustificandosi". Ultima tentazione da evitare, quella del consacrato che "perde la sua identità e inizia a non essere 'né cane né pesce'" e "vive con cuore diviso tra Dio e la mondanità".
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