Ancora un naufragio, ancora morti in mare. Davanti alla Libia continua il traffico dei migranti e ieri un'altra carretta è affondata con un nuovo bilancio di vite umane perse che si profila tragico: 63 i dispersi, destinati ad allungare il triste numero dei morti che, solo da inizio anno, conta già mille vittime. Oltre 40 delle persone che erano a bordo sono state salvate dalla Guardia costiera libica. Più fortunate dei compagni di viaggio. Ma per loro, mentre i soccorsi delle Ong sono al momento azzerati (complice anche la chiusura dei porti di Italia e Malta), il futuro è quello di finire nei centri di accoglienza libici. Strutture ormai al collasso, che ospitano già almeno 10 mila persone in condizioni estreme di sovraffollamento e emergenza umanitaria, aggravata anche dall'afa di questi giorni. Come fa sapere l'Oim che insieme all'Unhcr lancia un nuovo allarme sulla situazione. Anche perché i recuperi in mare, tra salvataggi e intercettazioni, cresce ad un ritmo "drammatico": 2.500 le persone riportate a terra solo nell'ultima settimana di giugno.
Il naufragio di domenica e' stato segnalato in serata dall'Unhcr, l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati: al largo di Zuara, davanti alle coste occidentali libiche, si è rovesciato un barcone e 63 persone risultano disperse mentre solo 41 sono state tratte in salvo dalla Guardia costiera. Le scarne informazioni sulla nuova tragedia dei migranti arrivano appena due giorni dopo un altro naufragio con oltre cento dispersi, che ormai si presume siano affogati, fra cui una decina di bambini: solo di tre di loro, di meno di un anno, erano stati recuperati i corpi con ancora le tutine colorate addosso. Immagini che hanno dato cruda sostanza ad aride cifre di un'ecatombe da decine di migliaia di morti che da anni rende la tratta fra Libia e Italia la piu' micidiale al mondo. La chiusura dei porti italiani, e il conseguente diradarsi delle navi di ong appostate al largo della Libia (alcune bloccate, altre come la OpenArms in viaggio per Barcellona con 59 a bordo) confermato anche dal portavoce della Guardia costiera libica, ha avuto come immediata ripercussione un "drammatico aumento" del numero di migranti riportati indietro dai guardacoste: 2.425 in una sola settimana secondo una rilevazione dello stesso Unhcr, mentre l'Oim ne ha stimati circa 3.000 in due settimane.
Altri 220 sono stati recuperati nelle ultime ore su due gommoni davanti alle coste ovest, l'epicentro della crisi. Come tutti gli altri, i migranti sono stati avviati verso uno dei 20 centri di detenzione in cui, sommando l'ultimo dato ufficiale risalente a un mese fa (circa 7.000 persone) e gli almeno tremila delle ultime due settimane, si supera abbondantemente la soglia dei diecimila. I centri verso cui c'e' un maggiore afflusso sono circa cinque. L'Oim, attraverso una portavoce in Libia, ha avvertito che il massiccio afflusso di migranti recuperati dalla Guardia costiera libica sta creando un problema di sovraffollamento che "ci preoccupa molto". Quando spazi angusti come quelli dei centri di detenzione si riempiono troppo, "cio' ha un impatto sulla condizioni di vita", ha ricordato la portavoce, Christine Petre', lasciando solo immaginare cosa questo voglia dire ad esempio in termini di servizi igienici. Soprattutto quando ci sono oltre 40 gradi di temperatura.
Another tragedy at sea: 63 persons went missing at sea today when boat capsized. 41 persons were rescued by the coast guards in Zwara #Libya @Refugees @UNSMILibya
— UNHCR Libya (@UNHCRLibya) 1 luglio 2018
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