Migliaia di persone hanno affollato Minneapolis per la prima commemorazione pubblica di George Floyd, l'afroamericano di 46 anni che ha sollevato un'ondata di proteste in tutto il Paese per essere stato soffocato dal ginocchio di un agente bianco mentre rantolava "non riesco a respirare" durante un arresto per il presunto spaccio di una banconota falsa da 20 dollari. Un ginocchio diventato la metafora del trattamento subito in Usa dagli afroamericani per centinaia di anni, nel vibrante elogio funebre del reverendo newyorchese Al Sharpton, noto leader della lotta per i diritti civili, che ha anche attaccato Donald Trump per aver brandito la Bibbia in una foto come uno strumento di propaganda.
"La ragione per cui non abbiamo mai potuto essere chi volevamo e sognavamo di essere è che abbiamo mantenuto quel ginocchio sul nostro collo, è tempo di scendere in campo in nome di George e dire 'togliete il vostro ginocchio dai nostri colli", ha detto tra applausi e musica gospel nel santuario della North Central University, dove tra le 500 persone ammesse - per le restrizioni da coronavirus - c'erano anche gli attivisti Jesse Jackson e Martin Luther King III, gli attori Tyler Perry, Regina Hall, Tiffany Haddish e Kevin Hart, la senatrice dem Amy Klobuchar, le autorità cittadine e statali.
"Non e' stato il coronavirus ad uccidere George Floyd ma la pandemia di razzismo", lo aveva preceduto Benjamin Crump, uno degli avvocati dalla famiglia, riferendosi al fatto che l'autopsia ha accertato la sua positivita' al covid-19. Poi e' toccato ai fratelli ricordarlo teneramente come un "gigante buono e generoso", "benvoluto da tutti", "grande fan di Lebron James", in un evento trasmesso in diretta da tutte le tv Usa.
La cerimonia arriva all'indomani della svolta nelle indagini, con la procura che ha aggravato l'imputazione per l'ex agente Derek Chauvin da omicidio colposo a omicidio volontario e ordinato l'arresto dei suoi tre colleghi accusandoli di complicità (la cauzione e' stata fissata oggi in 1 milione di dollari). Era quanto chiedevano la famiglia e i manifestanti che hanno infiammato l'America. E che adesso, nonostante i 10 mila arresti eseguiti finora, continuano a scendere in piazza più pacificamente per chiedere riforme contro le iniquità razziali e gli abusi delle forze dell'ordine, mentre il Senato si appresta a votare l'abolizione della stretta al collo. Quello di ieri non è stato che il primo omaggio a Floyd. Oggi il suo corpo sarà portato a Raeford, in North Carolina, dove è nato, per una camera ardente. Cerimonia analoga lunedì in Texas a Houston, dove è cresciuto e ha vissuto gran parte della sua vita. Il giorno dopo infine è in programma nella stessa città un funerale con 500 persone. A Houston ci sarà anche Joe Biden. La sua presenza striderà con l'assenza del presidente Donald Trump, blindato alla Casa Bianca, osteggiato dal capo del Pentagono Mark Esper sull'uso delle truppe contro i manifestanti e accusato duramente dall'ex segretario alla Difesa James Mattis in un intervento su The Atlantic.
"Donald Trump è il primo presidente nella mia vita che non tenta di unire il popolo americano, neppure finge di tentare. Invece tenta di dividerci", ha scritto l'ex generale evocando una leadership "immatura" e schierandosi con i manifestanti. Mattis ha condannato l'uso dell'esercito contro le proteste, definendo "abuso di potere esecutivo" lo sgombero della folla davanti alla Casa Bianca per una "bizzarra photo-op" del commander in chief con la Bibbia. E ha invitato a "respingere e a richiamare alle loro responsabilità chi ha cariche pubbliche e deride la nostra costituzione". Trump ha reagito stizzito su Twitter: "Probabilmente l'unica cosa che io e Barack Obama abbiamo in comune è che entrambi abbiamo avuto l'onore di licenziare Jim Mattis, il generale più sopravvalutato del mondo". Circostanza smentita dall'ex capo di gabinetto John Kelly, secondo cui fu il capo del Pentagono a dimettersi. In realtà Mattis è un ufficiale molto stimato, non solo nelle forze armate, e non è l'unico ex generale che critica la gestione delle proteste da parte del presidente. Anche tutti i quattro ex presidenti, da Jimmy Carter a Barack Obama, hanno voltato le spalle al tycoon, denunciando il razzismo e schierandosi con i dimostranti. Ed oggi pure la senatrice Lisa Murkovski ha detto di condividere le parole di Mattis: "Penso che siano vere, oneste, necessarie e tardive", ha osservato, lasciando intendere che potrebbe non sostenere la rielezione di Trump.
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