Torna a livelli di guardia la tensione in Polonia. Il governo ha annunciato la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale della controversa sentenza della Corte costituzionale polacca che impone un divieto quasi totale dell'aborto. Immediata la replica del gruppo di protesta Women's Strike, che ha convocato una manifestazione di massa proprio davanti alla sede della Corte Costituzionale e in 20 città del Paese. Allo stesso tempo sono state pubblicate le motivazioni della sentenza, secondo cui l'interruzione della gravidanza è ammissibile solo se c'è un'alta probabilità di danni irreversibili o letali al feto, se la vita della madre è in pericolo e nei casi di incesto e di stupro. La Corte aveva raggiunto la sentenza il 22 ottobre scorso, innescando dure proteste, con centinaia di migliaia di persone, soprattutto donne, scese in strada in tutte le maggiori città della Polonia, per giorni, nonostante le restrizioni dovute al coronavirus. La dimensione della protesta ha allarmato anche l'episcopato, che ha visto per la prima volta nella storia polacca dei giovani interrompere le cerimonie religiose per contestare il forte legame fra la Chiesa e l'attuale apparato di potere. Il governo aveva pertanto dovuto far ricorso all'esercito e ritardare la pubblicazione della sentenza. Sulla vicenda nel novembre scorso è intervenuto anche il Parlamento europeo, affermando in una risoluzione che rendere illegale l'aborto nei casi di gravi e irreversibili malformazioni fetali "mette a rischio la salute e la vita delle donne", poiché la maggior parte degli aborti legali in Polonia, fino al 96 per cento, viene praticata per queste ragioni. Julia Przylebska, presidente della Corte costituzionale polacca, ha però prontamente replicato denunciando la risoluzione del Pe come "un tentativo senza i precedenti d'interferenza nelle questioni interne del sistema politico polacco, che non sono regolate nei trattati europei".
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