Mosca chiude al dialogo con Usa e Nato, vista l'indisponibilità dell'Occidente a prendere in considerazione le sue preoccupazioni sull'allargamento dell'alleanza. Ed evoca possibili missioni militari all'estero, ad esempio della marina, se gli Stati Uniti aumenteranno la pressione (si fanno i nomi di Venezuela e Cuba). Insomma, all'indomani del vertice Nato-Russia le nubi all'orizzonte, più che diradarsi, si addensano. Il monito dell'Osce - che a Vienna si è riunito per inaugurare la presidenza polacca - risulta dunque davvero cupo: "Ci troviamo davanti al più grande rischio di guerra in Europa degli ultimi 30 anni". Nata nel pieno della guerra fredda per ridurre le tensioni tra est ed ovest, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa avrebbe dovuto accogliere il terzo round di negoziati tra Russia e Paesi occidentali, allargando così il "cerchio del dialogo", secondo la formula usata da Washington per descrivere la sua strategia di 'engagement' con Mosca - tra le 57 nazioni dell'Osce ci sono d'altra parte molti partner vicini alla Russia. Ma il Cremlino ha tagliato corto, definendo i colloqui "infruttuosi". Il vice ministro degli Esteri Serghei Ryabkov, che a Ginevra aveva capeggiato la delegazione negli incontri con gli Usa, non considera a questo punto utile "proseguire con i negoziati", dato che l'Occidente non ha intenzione di discutere le richieste russe sulle "garanzie di sicurezza" presentate a dicembre. Mosca allora minaccia la scelta di "diversi mezzi e metodi" per proteggere i propri interessi, adottando un linguaggio molto più fosco di quello scelto negli scorsi giorni. Certo, a pesare - e molto - c'è anche la comparsa del disegno di legge del Senato americano sul "rafforzamento della sovranità ucraina" che, tra le altre cose, immagina possibili sanzioni anche contro il presidente Vladimir Putin in persona. "Questo equivarrebbe all'interruzione della relazioni fra i nostri Paesi", ha tuonato il portavoce dello zar Dmitry Peskov. La duplice strategia degli Usa, bastone e carota, dialogo e sanzioni, non piace per nulla alla Russia. Anche perché le aperture di ieri della Nato, notano diverse fonti moscovite, si concentrano tutte su "dossier minori" lasciando immutato lo zoccolo duro del contendere. Così i toni cambiano. I funzionari russi parlano apertamente "di piani d'azione militari" consegnati a Putin per fronteggiare "un deterioramento della situazione in Ucraina". Lo stesso Ryabkov non ha "escluso" né "confermato" la possibilità di ingaggiare le forze armate russe, con quel riferimento a eventuali missioni della marina a Cuba che riporterebbero davvero le lancette dell'orologio indietro nel tempo di esattamente 60 anni. La sensazione, allora, è che il balletto non possa continuare per sempre (Mosca chiede agli Usa "risposte scritte" entro una settimana). A Brest, dove si è tenuto l'informale Difesa dei 27 paesi Ue, seguito da quello degli Esteri, il caso russo è finito al centro dell'attenzione. "E' stata un'occasione per uno scambio di vedute sul tema della sicurezza in Europa e come Europa siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità e imporre alti costi alla Russia se invaderà l'Ucraina", ha detto la ministra della Difesa francese Florence Parly, sottolineando che la "bussola strategica" è la vera priorità del semestre di presidenza transalpino. "Abbiamo bisogno di un'Ue che sia capace di parlare a una sola voce, difendere i propri interessi e i propri cittadini nel mondo e che sia libera dagli appetiti degli altri Paesi", ha chiosato. L'Alto rappresentante per gli affari esteri Ue, Josep Borrell, ha quindi ricordato il "perfetto coordinamento" tra Europa e Stati Uniti per quanto riguarda i negoziati con Mosca stroncando una volta di più i malumori per una presunta assenza dell'Unione dai tavoli che contano. Resta il fatto che gli "alti costi" per le eventuali scelte azzardate di Mosca restano confinate alle sfera "politico-economica". Banalmente: se Putin muove i tank, gli ucraini se la dovranno vedere da soli.
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