Mohamed Morsi, l'ex presidente ed esponente della Fratellanza musulmana messa al bando in Egitto, è morto a 67 anni stroncato da un infarto durante un'udienza di uno dei vari processi in cui era imputato. Scompare così un ingombrante lascito della rivoluzione popolar-militare, da molti considerata un golpe, con cui l'attuale presidente Abdel Fattah al-Sisi pose fine all'anno di governo della Fratellanza e allo sfortunato tentativo di imporre l'islam politico nel popoloso paese arabo tra il giugno 2012 e il luglio 2013, nel pieno delle Primavere arabe. Almeno secondo la ricostruzione fornita da media ufficiali egiziani, in parte confermati dalla Procura generale, Morsi è deceduto per una crisi cardiaca nel tribunale allestito nel carcere di Tora al Cairo dopo aver ottenuto il permesso di parlare in un processo per spionaggio in favore di Hamas, movimento estremista palestinese emanazione della Fratellanza, in cui era imputato.
Il corpo, già senza vita, è stato trasferito in un ospedale non precisato alle 16.50 ora italiana e subito in Egitto è stato dichiarato lo stato d'emergenza per timore di manifestazioni di Fratelli musulmani che dalla sanguinosa repressione dell'estate 2013, quella che spense la reazione al defenestramento di Morsi e del suo governo, sono stati spinti nell'ombra da arresti anche eccellenti (in carcere fra gli altri è la Guida suprema Mohamed Badie) e da una draconiana legge anti-cortei. Incarcerato ad Alessandria, Morsi era già un sepolto vivo a causa di 85 anni di carcere inflitti in almeno tre processi passati in giudicato tra cui uno per aver incitato a sparare sui manifestanti. Gli era stata anche inflitta una condanna a morte, rivista in appello, e un ergastolo, anch'esso impugnato. Morsi era stato il primo presidente eletto dopo la caduta, nel 2011, dell'ultratrentennale autocrate Hosni Mubarak.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA