Sono quattro le vittime italiane in Nepal in seguito al devastante terremoto che ha colpito sabato il Paese. Tre sono trentini: Renzo Benedetti, Marco Pojer e Oskar Piazza. Quest'ultimo faceva parte della spedizione dei quattro speleologi italiani dati per dispersi nei pressi del villaggio di Langtang, travolto da una valanga. Di questa spedizione è morta anche Gigliola Mancinelli, di Ancona.
Renzo Benedetti e Marco Pojer sono stati travolti da una frana mentre stavano facendo trekking a 3500 metri di quota nella Rolwaling Valley. Lo raccontano due compagni di spedizione, Iolanda Mattevi, ferita, e Attilio D'Antoni, illeso.
Sono morti anche Oskar Piazza, del Soccorso alpino del Trentino Alto Adige, e Gigliola Mancinelli, 51 anni, di Ancona, due dei 4 speleologi dispersi. Salvi gli altri due compagni: Giuseppe 'Pino' Antonini, 53 anni, di Ancona, e Giovanni 'Nanni' Pizzorni, 52 anni, genovese, esperto torrentista. Gigliola Mancinelli aveva chiesto un cambio turno a lavoro per andare in Nepal. ''Ho ancora qui sul telefonino gli Sms che Gigliola mi ha mandato prima di partire: mi aveva chiesto un cambio di turno, ci teneva tanto ad andare...''. Il dottor Germano Rocchi è il responsabile del servizio di elisoccorso delle Marche. Gigliola Mancinelli, medico anestesista, era anche volontaria presso la base dell'elisoccorso di Fabriano. ''Era una bravissima anestesista e una carissima collega'', dice.
ECCO UNA VIDEO-INTERVISTA A RENZO BENEDETTI
Gigliola, il medico-speleologo "Disponibile, generosa" e ancora "appassionata della sua attività come medico-speleologo collaboratore del Corpo nazionale del Soccorso Alpino". E' l'immagine che emerge dalle testimonianze di chi ha conosciuto Gigliola Mancinelli, il medico anestesista di 51 anni di Ancona, morta sotto la frana provocata dal sisma nel Nepal, che ha seppellito il villaggio di Langtang. Con lei c'erano il trentino Oskar Piazza, il ligure Giovanni (Nanni) Pizzorni e Giuseppe (Pino) Antonini, come lei anconetano e suo amico di vecchissima data. Piazza è morto con lei sotto le macerie, gli altri due sono riusciti a uscirne. E' affranta la madre di Pino, Romilda, che pure tira un sospiro di sollievo per il figlio: "da noi era di casa da almeno 30 anni, lei e Pino erano come fratelli. Per me era come una figlia, disponibile, generosa, mi ha aiutato più di una volta". Gigliola, che abitava al confine fra i Comuni di Agugliano e Polverigi, lascia due figli, un maschio e una femmina, di 15 e 10 anni, un marito anche lui medico Mario Burchiani, da cui era separata, e il padre anziano e malato.
"E' una tragedia. In queste ore - racconta ancora Romilda - non faccio altro che pensare a quei due ragazzini. E aspetto Pino, tornerà con qualche graffio, ma quello che temo di più sono le ferite che avrà dentro". Dopo quasi due giorni di angoscia, Antonini è riuscito a mettersi in contatto con la compagna e con i familiari. La Mancinelli era medico anestesista in servizio preso la rianimazione del polo cardiologico Lancisi: "Abbiamo sperato fino all'ultimo che non fosse lei" riesce solo a dire il primario Cristopher Munch. Ma era anche volontaria presso la base del'elisoccorso di Fabriano. "Ho ancora sul telefonino gli Sms che Gigliola mi ha mandato prima di partire: mi aveva chiesto un cambio di turno, ci teneva tanto ad andare..." dice il dottor Germano Rocchi, responsabile del servizio di elisoccorso delle Marche, che la definisce "una bravissima anestesista e una carissima collega". "La conoscevo dagli anni della specializzazione ad Ancona - ricorda -. Aveva una grande passione per la speleologia: quando abbiamo aperto la base di Fabriano lei, che faceva già parte del Corpo nazionale del Soccorso Alpino, era l'unica già in possesso del brevetto per poter operare con il verricello".
La stessa passione per la speleologia, coltivata fin da giovanissima, che l'aveva portata a conoscere Pino Antonini, nell'ambito del Gruppo Speleologico Marchigiano, dove tantissimi giovani hanno imparato a frequentare grotte e caverne, forre e montagne. Antonini fa parte della squadra di istruttori che addestrano l'equipe di Rocchi, e il medico conosceva bene anche l'altra vittima della spedizione in Nepal, Oskar Piazza, del Soccorso Alpino del Trentino Alto Adige. "Noi non avevamo esperienza di missioni Sar, e nel 2010 Piazza è stato il nostro primo istruttore. Erano persone esperte, portavano soccorso nelle valanghe, e invece...".
Piazza, Benedetti e Pojer. Trentino piange 3 vittime
(di Claudia Tomatis) - Se li sono portati via due delle valanghe che nei terremoti in Nepal hanno fatto migliaia di vittime. Sono Oskar Piazza, Renzo Benedetti e Marco Pojer: i trentini morti in seguito al devastante sisma nella zona nord del Paese, verso il confine con il Tibet. Piazza era con altri tre speleologi (tra cui Gigliola Mancinelli, morta anche lei) a Langtang, un parco nazionale paradiso dagli amanti del trekking. Nel villaggio omonimo, dov'erano in circa 200, dopo il disastro non sembra siano rimaste vive più di quaranta persone. Un'altra frana, poco distante, ha spazzato via Benedetti e Pojer nella Rolwaling Valley, tra villaggi di sherpa disseminati fra i sentieri di pendii aspri. La notizia dei decessi è giunta oggi, ma risalgono a sabato, dopo la prima scossa.
"L'immane tragedia avvenuta in Nepal colpisce duramente anche la nostra comunità, portandosi via tre uomini di grande valore", le parole di cordoglio del presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, da parte dell'intera comunità. Il Trentino ricorda Oskar Piazza, 55 anni, di Mori, come una colonna del Soccorso alpino locale, membro della Scuola nazionale tecnici e vicedirettore della Scuola nazionale forre. In Nepal era andato proprio a guidare una spedizione per completare il suo progetto per aprirne di nuove. Sarebbe stata la dodicesima e ultima. "Con lui - racconta la compagna, Luisa Zappini, responsabile della centrale unica di emergenza in Trentino - sarei dovuta esserci anch'io, ma mi ha bloccata un problema di famiglia. Mi sembra ancora impossibile. Adesso voglio solo andare a prendermelo", dice dopo avere avuto la notizia dai sopravvissuti. Per Benedetti e Pojer c'è il racconto all'ANSA di una trentina che si è salvata, Iolanda Mattevi, 52 anni.
"Ho sentito un boato dietro di me, poi ho visto una nube che scendeva spinta da un vento spaventoso. Mi sono messa a correre, ma sono stata investita da una pioggia di pietre e neve". Noto per le sue imprese di alpinismo, Renzo Benedetti, 60 anni, di Segonzano, in Val di Cembra, lascia moglie e figlio. Istruttore nazionale di scialpinismo e alpinismo, direttore della scuola di alpinismo della Sat di Cavalese, gli ottomila erano il suo habitat naturale. Manaslu, Makalu, Dhaulagiri, Cho Oyu e Gasherbrum II senza ossigeno, l'Everest e K2 con l'ossigeno. L'Himalaya un luogo che frequentava da sempre. Marco Pojer, 53 anni, di Grumes, in Val di Cembra, era amico di Benedetti e lavorava come cuoco nella scuola materna del paese. "Non era sposato e viveva con la mamma - racconta il sindaco, Simone Santuari - che è rimasta sola. Per domani sera ho convocato un Consiglio comunale, poi andremo tutti da lei. Qui lo conoscevano tutti: siamo in 400. Erano 15 anni che faceva il cuoco lì e non era mai mancato un giorno. Adesso aveva chiesto un mese di aspettativa". Dopo il terremoto in Emilia Romagna era andato nei fine settimana per aiutare. Faceva parte dell'associazione Progetto Prijedor per la ex Jugoslavia. Ed era un alpino, tra i membri più attivi dell'associazione.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA