Vienna resta isolata in Ue sulle misure varate per ridurre il flusso dei migranti. La discussione ha infiammato la cena del vertice dei leader dei 28 dedicata alla crisi dei profughi, con forti tensioni per decisioni che sono state definite unilaterali, non concordate a livello Ue, e che violano la legge europea e quelle internazionali, in particolare il trattato di Ginevra, considerato un baluardo da difendere. Il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker ha bocciato senza appello le decisioni dell'Austria: "Non mi piacciono". E già nel pomeriggio il commissario europeo all'immigrazione Dimitris Avramopoulos in una lettera al ministro dell'Interno Johanna Mikl Leitner ha definito i tetti giornalieri massimi imposti su accoglienza - 80 richieste di asilo - e transito (3200 passaggi) "chiaramente incompatibili con gli obblighi delle leggi Ue e internazionali", invitando "a riconsiderare" la loro applicazione, prevista già per domani. Il premier Matteo Renzi ha messo in guardia: "Non possiamo pensare di chiudere il Brennero che e' uno dei passaggi simbolici dell'Europa". E per la Germania, spiegano fonti, le azioni austriache sono "miopi". Tra le possibili conseguenze vedono un appesantimento della crisi economica greca. Il premier Alexis Tsipras ancora una volta sulla graticola, si è presentato al tavolo con in tasca quattro hotspot su cinque a dimostrazione della buona volontà greca, ed ha battuto i pugni sul tavolo, rifiutando più volte di firmare la bozza di conclusioni, chiedendo impegno anche sui ricollocamenti. Forte l'intervento anche del premier Matteo Renzi, che ha ribadito la necessità di una solidarietà a doppio binario, facendo riferimento alla programmazione dei fondi strutturali 2014-2020. Il cancelliere Werner Faymann in giornata aveva fatto sapere che Vienna resterà sulla posizione assunta. "Dal punto di vista politico, è impensabile che accogliamo tutti i richiedenti asilo d'Europa". Le misure austriache hanno dominato anche il pre-vertice con i leader della rotta dei Balcani occidentali, il croato Tihomir Oreskovic, lo sloveno Miro Cerar, il serbo Tomislav Nikolic, ed il macedone Gjorge Ivanov. Forti le preoccupazioni espresse dai quattro. Molte le sottolineatura sulla volontà di restare Paesi di transito. Cerar dice di appoggiare il piano B promosso dai quattro Paesi di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) per la costruzione di una barriera in Macedonia, se non si riuscirà a sigillare la frontiera turca. Belgrado fa sapere che si comporterà allo stesso modo di Vienna. "Quello che farà l'Austria farà la Serbia", ha detto il ministro responsabile per l'emergenza profughi Aleksandar Vulin. Intanto i capi delle polizie dei quattro Paesi a Zagabria hanno raggiunto un accordo per un nuovo sistema di controlli al confine greco-macedone, per evitare respingimenti a catena, come avvenuto nei giorni scorsi per circa 200 migranti, rimbalzati dal confine austriaco in Slovenia e da lì in Croazia e Serbia. Berlino critica il principio di respingere ai confini esterni i migranti "che non soddisfano le condizioni di ingresso o che non hanno presentato richiesta di asilo nonostante avessero avuto l'opportunità di farlo", contenuta nelle conclusioni del vertice, e preme sull'attivazione dell'articolo 26 del codice Schengen, quello che permette i controlli alle frontiere interne fino a due anni, per mantenere in vita l'area di libero scambio.
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