Azeri e armeni tornano a imbracciare le armi e a uccidersi nel Nagorno-Karabakh, la regione che Ierevan e Baku si contendono da decenni in un conflitto definito "congelato", che pero' torna periodicamente a infiammarsi e a far scorrere il sangue in questo angolo del Caucaso. Questa volta i combattimenti sono andati ben oltre le solite scaramucce mortali tra le due parti in lotta, e vi hanno perso la vita decine di persone. L'Armenia ha dichiarato di aver perduto sul campo di battaglia 18 militari e che altri 35 sono rimasti feriti. Mentre l'Azerbaigian ha ammesso che 12 dei suoi soldati sono stati uccisi negli scontri, ma anche di aver perso un elicottero e un carro armato. Stilare un bilancio delle vittime e' pero' alquanto difficile visto che Ierevan e Baku si fanno la guerra anche sul numero dei caduti: gli azeri dicono di aver ucciso oltre 100 militari nemici, mentre i separatisti spalleggiati dall'Armenia sostengono che le truppe azere hanno lasciato sul terreno oltre 200 dei propri uomini. L'intensita' delle violenze e' stata tale da richiedere un intervento diplomatico della potenza che in questo conflitto riveste spesso il ruolo di mediatore e arbitro: la Russia, che vende armi sia all'Armenia sia all'Azerbaigian. Il leader del Cremlino, Vladimir Putin, ha chiesto "alle parti belligeranti di fermare immediatamente le ostilita'". E anche l'Osce ha espresso "seria preoccupazione" per il riaccendersi dei combattimenti: un problema di cui discuteranno la settimana prossima a Vienna i tre copresidenti russo, americano e francese del Gruppo di Minsk dell'Osce dedicato a questa instabile regione del Caucaso a maggioranza armena.
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