(di Eloisa Gallinaro)
(ANSA) - Checche' ne dicano nazionalisti e sovranisti vari, temi come quelli del relativi a commercio, ambiente, mercati finanziari, energia non sono più gestibili a livello nazionale almeno per quanto riguarda i singoli Paesi europei, e chi governa - ma anche chi osserva, analizza, studia - deve avere lo sguardo largo di un approccio globale. Oggi ma ancor più domani. Ecco perché la formazione deve andare oltre i confini degli Stati. Ed ecco perché l'Istituto universitario europeo (Eui) (http://www.eui.eu/Home.aspx) ha pensato a una "Scuola di governance transnazionale" che guardi alle élite di tutto il pianeta - dai politici agli economisti, dai giornalisti agli imprenditori - ma con l'ottica dell'Europa che, ricorda il segretario generale dell'Eui Vincenzo Grassi, ha creato un modello "comunitario, di gestione condivisa della globalizzazione, esportabile verso l'esterno".
Da un lato ci sono la storia e la vocazione dell'Eui, dall'altra l'evoluzione dell'Europa e del contesto internazionale, spiega Grassi all'ANSA ripercorrendo le tappe che hanno portato all'idea della Scuola. "L'Istituto universitario europeo nasce negli anni '70 in una fase ancora iniziale del processo di integrazione europea. In quest'ultimo periodo lo scenario, anche accademico, è cambiato. L'Istituto ha avuto una sua evoluzione che corrisponde a quella dell'Europa. E lo sbocco naturale è stato quello di ampliare il campo di ricerche anche fuori dall'Europa".
L'obiettivo della Scuola di governance transnazionale, nota il professor Miguel Poiares Maduro, che segue struttura e contenuti del progetto, è quello di "creare un ponte tra il mondo della ricerca e quello della politica" fornendo anche degli "spazi di dialogo al di fuori di contesti formali e istituzionali". A sovrintendere al progetto - che già in settembre vedrà la luce con le prime iniziative finanziate in una prima fase dalla Commissione europea - un board multinazionale presieduto da Mario Monti.
Di scuole come quella che l'Eui si appresta a varare ce ne sono già. Un nome per tutti, la 'Kennedy School of Governance' di Harvard. Ma, nota Grassi, "i due più grandi mercati di educazione superiore e di formazione di classi dirigenti - la Gran Bretagna e gli Stati Uniti - per ragioni diverse stanno attraversando una fase di minore apertura verso il mondo. Ciò apre per l'Europa uno spazio di maggiore agibilità e rende questo progetto potenzialmente più appetibile. Un giovane latino-americano o asiatico - per esempio - può guardare al modello europeo con più interesse e simpatia rispetto a 10 anni fa, quando avrebbe guardato in maniera quasi automatica al modello americano".
La Scuola di governance, ancor più in questa fase storica, sottolinea a sua volta Maduro, "è una forma di diplomazia culturale dell'Unione europea verso il resto del mondo, che in questo modo può creare un network fra persone che avranno ruoli di leadership fuori dall'Ue". Ma è anche un fiore all'occhiello dell'Italia. "Il presidente del Consiglio, anzi gli ultimi presidenti del Consiglio, sono ben consapevoli dell'importanza che questo progetto si sviluppi in Italia tanto che il premier Gentiloni quando è venuto qui a 'The State of the Union' ha espressamente citato - lui come il presidente del Parlamento europeo - questo progetto come un obiettivo non solo dell'Istituto ma dell'Italia e dell'Europa". Di più, aggiunge Maduro, "senza il sostegno delle autorità italiane a livello locale e a livello nazionale sarebbe stato impossibile avviare la Scuola di governance transnazionale".
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